giovedì 22 luglio 2010

Momo di Michael Ende

Un grande romanzo fiabesco, dell'altrettanto grande Michael Ende, l'autore de "La storia infinita", uno di quei romanzi per i quali ti chiedi se la definizione "Narrativa per Ragazzi" sia effettivamente riduttiva (e certamente lo è).
Ende affronta uno degli argomenti più difficili del pensiero filosofico di tutti i tempi: Il tempo. Ma lo fa con la semplicità di una fanciulla e di come le cose più semplici siano alla fine le più profonde e le cose più complicate rivelino soltanto la confusione e le contraddizioni del vivere più che la complessità dell'anima.
La domanda implicita che Ende evidenzia attraverso i personaggi del racconto è "Come mai, nonostante corriamo sempre di più e facciamo di tutto per "risparmiare tempo", facendo sempre più cose nel minor tempo possibile e più velocemente; di tempo, noi, ne abbiamo sempre di meno?".
E Scusate se è poco! Un dilemma filosofico universale, che parte da Seneca ed arriva a Nietzsche!
E' la contraddizione del moderno o, per dirla con Nietzsche, è il nichilismo generato dal trionfo della tecnica sull'uomo e sul divino.
Un libro che i ragazzi dovrebbero consigliare ai propri genitori sempre affannati e indaffarati.
E se i grandi, cari ragazzi, dovessero rispondervi che hanno poco tempo per leggere, allora dovrete leggerglielo voi... la sera, prima di andare a letto, spegnendo loro la televisione (la vera, per dirla con Karl Popper, "ladra di tempo"! [Popper K., Cattiva maestra televisione])
Infine, vi ripropongo l'indovinello contenuto nel libro:
In una casa ci stan tre fratelli
che a volte son brutti e a volte belli.
Essi sono realmente
l'un dall'altro differente.
Ma se a distinguerli tu proverai
uguali identici li troverai.
Il primo non c'è perché sta giungendo.
Il secondo non c'è perché sta uscendo.
C'è solo il terzo, il minore dei tre,
ma non ci son gli altri se il terzo non c'è.
E questo terzo su cui mi diffondo
esiste solo perché nel secondo
il primo si trasforma, moribondo.
Se poi guardare tu lo vorrai
uno degli altri fratelli vedrai.
Dimmi, bambina, i tre sono uno?
o solo due? — oppure nessuno?
Se il loro nome tu troverai
tre grandi sovrani ravviserai.
Essi governano insieme un gran regno
e loro stessi sono il gran regno
e sono uguali dentro il gran regno».
Troverete la soluzione nel libro!
Dalla quarta di copertina: "Tra le rovine di un anfiteatro, ai margini di una grande città, trova rifugio una strana bambina, che, fuggita dall'orfanotrofio non conosce nemmeno la propria età. Agli abitanti dei dintorni, che la guardano incuriositi, dice di chiamarsi Momo. Non passa molto tempo che la bambina si conquista la fiducia e la simpatia di tutti, chiunque abbia un problema va da Momo che non dà consigli e non esprime opinioni, si limita ad ascoltare con un'intensità tale che l'interlocutore trova da solo la risposta ai suoi quesiti. Un giorno gli agenti di una sedicente Cassa di Risparmio del Tempo si presentano anche nel microcosmo costituito da Momo e dai suoi amici. Tutti cadono nella trappola dei "Signori Grigi", e Momo deve affrontare da sola la situazione ..."
Dalla recensione de "L'Indice" (scheda di Levi Montalcini, A., L'Indice 1985, n. 1): "Vivere consuma il tempo ma ne conserva la qualità vitale, risparmiare il tempo spegne la vita e distrugge così il tempo. La fiaba di Ende racconta l'antico conflitto tra la vita e la morte in termini più sottili e moderni: a Momo, la bambina capace di ascoltare tanto da udire e fare udire le musiche, i silenzi e le avventure della vita interiore, si oppongono i Signori Grigi, nebbiosi, freddi e insinuanti che possono trasformare la vita in un vuoto insensato e ripetitivo e il cuore umano in un luogo sterile e chiassoso. La lotta di Momo contro i Signori Grigi si anima di continue invenzioni: il vortice vagante che crea le tempeste, la tartaruga Cassiopea che prevede il futuro, ma solo per la prossima mezz'ora, la stanza degli orologi di Maltro Hora, il custode del Tempo, e il luogo onirico di dove sgorgano e nascono le ore. La ricchezza delle immagini compensa i momenti più rari, in cui il conflitto non riesce ad attingere alla dimensione fiabesca."
Ende M., Momo, Longanesi 1984

lunedì 19 luglio 2010

L'ospite inquietante di Umberto Galimberti

Fra le domande "inquietanti" del nostro tempo vi è anche e soprattutto quella relativa ad una riflessione sulle nuove generazioni.
Inutile certamente vivere di fisiologiche nostalgie; (il "si stava meglio ai miei tempi" è un'affermazione valida in tutte le epoche) anche perchè tali nostalgie, come affermava Norberto Bobbio in "De senectude", celano la propria personale nostalgia per la propria giovinezza ed il proprio tempo andato e non un'oggettiva analisi dell'evoluzione/involuzione della società e dei suoi costumi e valori.
Ma un dato è certo: le generazioni precedenti (i padri e i nonni dei giovani d'oggi), non hanno saputo trasferire i propri valori alle generazioni future. E questa anomia è più grave del trasferimento di qualsiasi valore; perchè contro il vuoto non ci si può ribellare e non è facile sviluppare una coscienza civile o un senso critico.
Il dato più inquietante infatti, non è la ribellione (anche questa fisiologica) ai valori tradizionali o in tal caso ai valori nati dai movimenti degli anni '70, da parte delle giovani generazioni, ma l'assenza assoluta di valori e quindi l'impossibilità di contestare il nulla.
Non tanto per giustificare le giovani generazioni ed i loro comportamenti, le loro indolenze e pigrizie, ma per capire meglio come siamo potuti arrivare a questo come società.
Il nichilismo è figlio legittimo del relativismo, della democratizzazione globalizzata in ogni ambito. Tutto è lecito, basta che sia "attuale".
L'unico riconoscimento rimane l'attualizzazione, il tempo. Quindi anche i valori, al pari delle merci e degli oggetti, si consumano ed anche piuttosto in fretta!

Per il resto si può dire tutto ed il contrario di tutto, quindi NULLA!

Fondamentale l'affermazione dell'autore secondo il quale la precedente generazione guardava al futuro con speranza, mentre i nostri giovani hanno paura del futuro!


Da leggere. Ed anche in fretta: prima che sia davvero troppo tardi!


Dalla quarta di copertina: "Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama "il più inquietante fra tutti gli ospiti". Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non "lavorano" più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un "noi" motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai "riti della crudeltà" o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?"

Galimberti U., L' ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli 2007

giovedì 15 luglio 2010

Il Procuratore di Andrea Vitali

Un bel romanzo.
Certamente non il migliore fra quelli di Vitali (come ad esempio "La figlia del podestà").
Una trama funzionante, anche se in certi passaggi un po' scontata. Quasi obbligata visto il tema narrativo.
Sempre magistrale la descrizione della provincia italiana del nord! Spassosa anche la costruzione dei personaggi.
Se volete distrarvi fra un sonnecchiamento in spiaggia (ideale se andate in vacanza sul lago di Como...) e un bagno, è l'ideale e leggero romanzo italianissimo.

Dalla quarta di copertina: "Protagonista è uno dei personaggi nati dalla fantasia di Andrea Vitali (e forse rubati almeno in parte alla realtà della sua Bellano). Perché Marco Perini, il protagonista di questo romanzo ambientato negli anni del fascismo, di mestiere "procura" ragazze giovani e disponibili vivendo tra pensioncine e bordelli. Intorno a questo imprevedibile flâneur, si muovono marescialli puntigliosi, belle ragazze, uomini innamorati, albergatori in cerca d'evasione..."

Vitali A., Il procuratore, Garzanti 2006

martedì 13 luglio 2010

Il libro della quiete interiore di Gerd B. Achenbach

Un libro che non poteva non venire dal fondatore della Consulenza Filosofica.
Conferma come l'utilità della filosofia si concretizzi in uno dei principi della Stoa che ci ricorda l'autore: "L'importante non è sapere di filosofia, ma vivere con filosofia". Un conto è filosofeggiare, ovvero autoreferenziarsi nella nozione e nella conoscenza pura, ma non orientando i propri sforzi a nulla di costruttivo; mentre è molto più importante il filosofare, ovvero vivere in modo filosofico, seguendo cioè i principi e la guida di uomini saggi vissuti decine migliaia di anni fa.
Di tutte le nostre umane attività, esiste un senso, che va oltre il meccanismo psicologico e sociologico.
Di tutte le vicende della vita, dalla nascita alla morte, dalla felicità alla malattia, esiste un senso, che va oltre la spiegazione tecnico-scientifica.
Leggere fra le righe di questo piacevole libro, le lettere di Seneca o di Epitteto o le riflessioni di Montaigne e Nietzsche, fa riflettere. Prima di tutto per l'attualità delle debolezze dell'uomo, simili, se non uguali, negli secoli. Le preoccupazioni per i soldi e la carriera, i conflitti con i "colleghi", i dissidi con i genitori, il coniuge, i figli, la paura della malattia e della morte e il terrore per non sapere cosa c'è dopo la morte; ma anche il conformismo della massa e la forza del giudizio degli altri, la paura del cambiamento, l'emarginazione e la derisione degli innovatori, ...
Conferma che nella nostra tradizione filosofica occidentale, c'è tutto quello di cui abbiamo bisogno, senza cercare altrove, in altre tradizioni o spiritualismi vari (come ad esempio quella orientale), le risposte alle domande della vita.
Questo libro un progetto preciso ce l'ha: raggiungere la quiete interiore come viatico per la felicità.

Non è solo da leggere, ma da conservare e consultare di fronte alle piccole, come alle grandi, domande della vita, andando ad approfondire la lettura dei classici proposti.

Dalla quarta di copertina: "Achenbach presenta una serie di riflessioni filosofiche sul tema della quiete, che consiste sì nella tranquillità dell'animo, ma anche in una certa dose di indifferenza e di leggerezza, in un misurato equilibrio delle passioni e in una consapevole accettazione del proprio destino, così che proprio la quiete interiore, intesa come assenza di turbamento diventa la condizione per la felicità, se non addirittura la felicità stessa. Un pensiero, questo, che ha origine nella Stoa, del cui spirito è impregnato tutto il libro di Achenbach, per il quale la filosofia stoica "è la saggezza di una coscienza che presta attenzione alla vita", "uno sforzo teso alla riuscita della vita", e ancora è "la moderazione degli affetti che solitamente ci spingono di qua e di là"

Achenbach G.B., Il libro della quiete interiore, Apogeo (collana pratiche filosofiche)

venerdì 9 luglio 2010

Adesso basta! di Simone Perotti

Il commento a questo libro necessita di una premessa di commento alle reazioni che il libro stesso ha suscitato.
Ho letto commenti contrastanti fra i lettori. Molti entusiastici (anche se poco concreti a mettersi in discussione... insomma un bel sogno romantico), ma molti estremamente severi ed alcuni perfino di rabbia. Eccessivamente.

Evidentemente qualcosa di vero c'è in questo libro, se è vero che ogni nuova scoperta nella storia viene inizialmente accompagnata dalla derisione, poi dalla lotta e infine dall'ovvia e scontata accettazione.

Credo però che le critiche non siano rivolte all'autore in modo diretto, ma all'idea stessa che comincia a mettere in discussione un modello di vita che sembrava incrollabile fino a qualche tempo fa. Mettere in dubbio che "il lavoro nobilita l'uomo", pare ancora inaccettabile come idea, anzi anche solo come possibilità alternativa al conformismo.
In tempi di crisi e disoccupazione, questo libro quindi, appare perfino blasfemo.

Forse è proprio questo che fa arrabbiare molti contro Perotti, accusandolo di snobismo e falsità (non è vero, non è possibile, hai scritto il libro solo per vendere...).
Ma questa è invidia. Invidia doppia, perchè alcuni sembrano invidiare la sua nuova vita, mentre altri invidiano in realtà la sua vecchia vita di successo!
Chi afferma, ad esempio, che guadagnando solo 1000 euro al mese, non può permettersi una scelta del genere, fa un'affermazione illogica.
Infatti, secondo logica, chi guadagna 1000 euro al mese (e sta male) avrebbe da "perdere" meno a lasciare il lavoro, rispetto a chi ne guadagna 3-5000...

Invidia quindi, ma anche paura, soprattutto di mettersi in discussione.

Il libro in generale è molto stimolante.
Prima di tutto è una bella storia di vita e in secondo luogo è interessante per gli stimoli e le riflessioni che suscita.

Cambiare abitudini e stile di vita è comunque qualcosa che ci permette di vivere meglio OGGI.
Ci fa sentire meno dipendenti dalle cose.
"Abbi, come se non avessi nulla e vivrai più libero" affermava Seneca.

Lo consiglio vivamente.

Dalla quarta di copertina: "Ne abbiamo abbastanza. Lavorare per consumare non rende felici. Lo sappiamo tutti, ma come uscirne? Cambiare vita da soli sembra una scelta troppo faticosa. Addirittura impossibile. Invece no. Il downshifting ("scalare marcia, rallentare il ritmo") è un fenomeno sociale che interessa milioni di persone nel mondo (complice anche la crisi). Ma non si tratta solo di ridurre il salario per avere più tempo libero. Simone Perotti propone qui un cambio di vita netto, verso se stessi, il mondo che ci circonda, le abitudini, gli obblighi, il consumo. La rivoluzione dobbiamo farla a partire da noi, riprendendoci la nostra vita per essere finalmente liberi. Come ha fatto l'autore, che racconta la sua esperienza entrando nel merito delle conseguenze economiche, psicologiche, esistenziali, logistiche. Dire no non basta per essere felici. L'insicurezza economica cui andiamo incontro è anche un'occasione per ripensarci."

giovedì 8 luglio 2010

Flatlandia di Edwin Abbott

Il racconto è diviso in due parti. Nella prima parte il narratore, un quadrato, descrive brevemente il mondo di Flatlandia. Questo è un mondo bidimensionale e gli abitanti di questo mondo sono delle figure geometriche che si muovono su un piano che per loro è l'universo. Nella seconda parte del racconto il quadrato racconta il suo incontro con una sfera proveniente da Spacelandia (il mondo a tre dimensioni) che lo illumina sulla presenza della terza dimensione. In seguito il quadrato racconta di come gli abitanti di Flatlandia abbiano reagito (male) al suo tentativo di spiegare la presenza di una terza dimensione. In Flatlandia la società è rigidamente divisa in gerarchie e la suddivisione si basa sull'aspetto fisico. Nello specifico, sul numero di lati che formano le figure. Nel mondo di Flatlandia un maggior numero di lati (o meglio, un angolo più largo) viene associato a maggior intelligenza e quindi a lavori migliori e di maggior responsabilità. In questo mondo ogni individuo può sperare in un'ascesa sociale sua o eventualmente della sua prole, anche se in realtà solo un ridottissimo numero di individui riesce a migliorare la propria posizione sociale. La remota possibilità d'elevazione sociale viene utilizzata dalla classe dominante per mantenere pacifico il popolo e in caso di rivolte l'elevazione di classe viene utilizzata per allettare i capi delle rivolte e quindi per far fallire tutte le rivolte in Flatlandia. Uno speciale spazio viene riservato alle donne che in quell'universo sono delle linee e quindi, essendo dotate solo di due lati e di un angolo pressoché zero, sono di memoria e intelligenza nulla, inversamente proporzionale alla querulità (non ricordando quello che dicono, lo dicono continuamente, ohi...). Inoltre avendo un angolo acutissimo possono accidentalmente distruggere qualsiasi altra figura geometrica al contatto, e sono costrette a dimenarsi continuamente e ad emettere il 'grido di pace' per segnalare la loro presenza (se venissero incontro altrimenti la visione bidimensionale sarebbe puntiforme, quindi invisibile-pericolosissime quindi!).
Beh leggendo fin qui uno potrebbe anche dire, che palle, perchè dovrei leggermi un libretto satirico dell'800 scritto da un prete con la faccia simpatica? Per almeno due motivi: il primo è che ci vuole molta fantasia a scrivere un libro così, e troverete delle invenzioni nel libro che vi faranno ridere e stupire. La seconda è che il racconto, passando in secondo piano la satira della società vittoriana (non è poi cambiato moltissimo, cmq), è della categoria protagonista contro se stesso (molto facile identificarsi;-): infatti a lui la rivelazione gli cade come una disgrazia! lui ci sta bene nella società a due dimensioni, ma comincia a metterla in discussione con riluttanza quando l'angelo della terza dimensione gli fa la rivelazione, a lui tra mille e ogni mill'anni. E' sempre combattuto, in fondo le regole e credenze dei cerchi (i massimi poteri) sono sagge, e si è visto cosa è successo quando non si è dato rettta, e poi questa terza dimensione che non si riesce proprio a capire. Sarà un sogno, e un pò di ragionamento a mettere in moto in modo inarrestabile e ineluttabile il nostro protagonista. Quando supererà l'angelo suo maestro, però.... basta! che sennò ve lo racconto. Il libro è un must fra i matematici, perchè mostra come fantasia e ragionamento possono distruggere un mondo e rivelarne un altro che non esisteva agli occhi di nessuno (ma anche che ampliare la propria visione può essere un tantino lacerante.... e questo non vale solo per i matematici).

mercoledì 7 luglio 2010

La consulenza Filosofica di Gerd B. Achenbach

Un approccio alla filosofia pratica molto concreto.
A volte un po' ostico e teorico, il testo però ci fa appassionare proprio alla pratica che esso stesso propone: pensare (cogitare) sulle cose che accadono, sugli avvenimenti, sulle emozioni e sui comportamenti sia a livello collettivo che a livello individuale.

Tutto ha un senso. E da tutto, per il solo fatto di pensare, si può trarre vantaggio ed insegnamento, anche dalle vicende più dure e drammatiche della nostra vita.
Inoltre, le riflessioni di uomini saggi di molti secoli fa ci fanno sentire in buona compagnia e relativizzare (poichè le vicende della nostra vita non sono poi così originali e soprattutto nuove!)

Non aspettatevi di trovare delle risposte puntuali (quasi fossero delle moderne FAQ) a problemi e questioni nodali, ma imparate e scoprite la forza energica del filosofare (pensare, cogitare) e dell'usare la logica. Vi accorgerete che sarà una scoperta entusiasmante, scoprendo in voi capacità sopite e spesso atrofizzate, standardizzate, conformate e impigrite.

Due massime mi vengono in mente per questo ottimo "eserciziario": Conosci te stesso e Cogito ergo sum.

Dalla quarta di copertina: "Achenbach è il fondatore della "Philosophische Praxis", forma principale di consulenza filosofica. Il volume raccoglie i saggi fondamentali, in cui ha presentato il suo lavoro e ne ha discusso finalità e modalità. Per Achenbach la consulenza filosofica "non si occupa dei sistemi filosofici, non prescrive alcun filosofema, non costruisce alcuna filosofia, non somministra alcuna visione filosofica, ma mette in movimento il pensiero: filosofa", quindi deve riflettere produttivamente su casi concreti. Insomma: l'aiuto che il consulente filosofico può dare a chi lo consulta non sta nel "curarlo" o nel fornirgli una "verità" preconfezionata, ma nel metterlo in grado di pensare, nel dialogo con altri."


Dalla recensione di INDICE: "Che cos'è la consulenza filosofica? A che cosa serve e come si fa? Chi si rivolge a un consulente fìlosofico? E perché non opta invece per uno psicoterapeuta, uno psicologo o un consigliere spirituale? Gerd B. Achenbach, considerato il padre della consulenza filosofica, in un libro introduttivo alla disciplina spiega le caratteristiche di questa particolare filosofia applicata, che rappresenta oggi una sempre più diffusa alternativa alla psicoterapia. L'autore affronta i diversi temi e problemi di una filosofia che vuole rendersi utile alla vita quotidiana, pratica e concreta della gente. L'individuo che prova disagio, incertezza, delusione, insoddisfazione per la propria esistenza può rivolgersi al filosofo per cercare risposte alle domande che l'assillano. Domande sul senso della vita, sulla propria identità, le domande di chi desidera capire ed essere capito. Il consulente filosofico non ha risposte prestabilite da dare, pillole di saggezza da trasmettere, ma il confronto con lui può aiutare a riflettere, a chiarirsi le idee, a vedere nuove prospettive. Ed è questo lo scopo di quel work in progress che è la consulenza filosofica, un dialogo libero e aperto che riporta alle origini della filosofia stessa."


Achenbach G.B., La consulenza filosofica. La filosofia come opportunità di vita, Feltrinelli 2009

lunedì 5 luglio 2010

Vicolo Cannery di John Steinbeck

“Il vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore
irritante, una qualità della luce, un tono, un’abitudine, una nostalgia, un sogno.
Raccolti e sparpagliati nel Vicolo Cannery stanno scatole di latta e ferro e legno
scheggiato, marciapiedi in disordine e terreni invasi dalle erbacce e mucchi di rifiuti,
stabilimenti dove inscatolano le sardine coperti di ferro ondulato, balli pubblici,
ristoranti e asili notturni. I suoi abitanti sono, come disse uno una volta “Bagasce,
ruffiani, giocatori e figli di mala femmina”, e intendeva dire: tutti quanti. Se costui
avesse guardato attraverso un altro spiraglio avrebbe potuto dire: “Santi e angeli e
martiri e uomini di Dio”, e il significato sarebbe stato lo stesso.”

Come nei suoi più famosi romanzi, Steinbeck tratta di piccole comunità povere e ai margini della società. Questa in particolare è quella che ruota intorno al quartiere di Monterey dove sbarcano i pescherecci e vengono lavorate le sardine nei grossi stabilimenti. Facendosi trascinare dentro questo pianeta, dapprima un po’ incomprensibile, poi sempre meno, il lettore si accorgerà che non tutto è come sembra, come è già dichiarato nell’incipit. Manca tutto, eppure tutto il meglio c’è, tanto che alla fine non sembra neanche strano che nessuno degli abitanti, se non strettamente necessario, si avventuri in ‘città’: nella povertà, valori – nell’emarginazione, solidarietà e posto e considerazione anche per i più strani figuri – nell’infingardaggine, in fondo onestà - nel rifiuto di ‘sistemarsi’ (per incapacità, o per scelta poco importa) un vivere eroico, che non conosce che avventura o ozio, senza compromessi: insomma come natura vorrebbe, tanto da far sembrare così grigia la parte normale della società (le regole della comunità cannery sono anarchiche per definizione, e la famiglia è quella che ti scegli). La pienezza esistenziale di questi bizzarri personaggi è raggiunta poi grazie alla alleanza con “doc”, un biologo che sopravvive gestendo il fatiscente Laboratorio Occidentale di Biologia, appassionato di natura, musica e letteratura, che intrattiene una strana specie di circolo culturale e pensatoio col gruppo di scansafatiche e ubriaconi (mack e i suoi ragazzi), le ragazze del bordello della Dora, e Lee Chong – il proprietario del più bizzarro emporio locale e la sua variegata clientela. Tutti vogliono organizzare una festa per doc, per dimostrare la loro gratitudine: come andrà a finire? Molto meglio che in uomini e topi... ;-) Non so se riuscirei a vivere a vicolo cannery, respirando il perenne senso di sfida: so però che con un sospiro mi sono allontanato da quei personaggi così schietti e straordinari, da sembrare straordinariamente in carne (e alcol) e ossa. anno 1945 - pre beat generation, se proprio vogliamo (e, per andare più sul recente, non ci metto la mano sul fuoco ma Lee Chong in qualche modo somiglia al tabaccaio Auggie (Harvey keytel) del film Smoke, dal libro di Paul Auster).
Mi è sempre sembrato strano, disse il Dottore. Le cose che ammirriamo negli uomini, la bontà, la generosità, la franchezza, l’onestà, la saggezza e la sensibilità, sono in noi elementi che portano alla rovina. E le caratteristiche che detestiamo, la furberia, la cupidigia, l’avarizia, la meschinità, l’egoismo, portano al successo. E mentre gli uomini ammirano le prime di queste qualità, amano il risultato delle
seconde.”

“Gli ospiti della festa ebbero appena il tempo di tornare nel laboratorio, di chiudere alla meglio la porta rotta e di spegnere la luce, prima che arrivasse l'automobile della polizia. Le guardie non trovarono nulla. Ma gli ospiti se ne stavano seduti al buio, ridendo felici e bevendo il vino. Giunse il nuovo turno del Bear Flag Restaurant. Le nuove venute arrivarono piene d'ardore. E allora la festa cominciò a diventare veramente vivace. Le guardie ritornarono, diedero un'occhiata, schioccarono la lingua, e s'unirono agli altri. Mack
e i ragazzi presero l'automobile della polizia per andare da Jimmy Brucia a prendere dell' altro vino e Jimmy li seguì. Da un capo all' altro del Vicolo Cannery si sentiva il frastuono della festa. Aveva tutte le migliori qualità di un tumulto e di una notte sulle barricate. La ciurma del battello di San Pedro ritornò, tutta umile, e si unì agli altri. I pescatori furono abbracciati e ammirati. Una donna, cinque stabili più in là, chiamò la polizia, per lamentarsi del rumore, e nessuno le diede ascolto. Le guardie fecero rapporto, dicendo che la loro automobile era stata rubata, e la trovarono poi sulla spiaggia. Il Dottore sedeva sulla tavola con le gambe incrociate e si batteva leggermente un ginocchio con le dita. Mack e Phyllis Mae s'esercitavano alla lotta indiana sul pavimento. E il vento fresco della baia passò attraverso le finestre rotte. Fu allora che qualcuno diede fuoco alla sfilza di razzi lunga venticinque piedi.”

giovedì 1 luglio 2010

Zia Mame di Patrick Dennis

Un Libro davvero spassoso!
Questo doppio protagonista(il ragazzino e la zia) rappresenta una bella trovata narrativa.
La figura di zia Mame, estroversa ed anticonformista, eccentrica ed energica, visionaria e caparbia, anche se a volte rischia di venir rappresentata dall'autore con tratti e immagini stereotipate, si riscatta quasi immediatamente (com'è giusto che sia nell'imprevedibilità stessa del personaggio), aprendosi a scenari e colpi di scena eccezionali ed anomici perfettamente adattabili all'estroversa ed eccentrica signora.


Da leggere e far leggere ad una vostra eventuale suocera... abitudinaria e priva di fantasia ;-))

Dalla quarta di copertina: "Immaginate di essere un ragazzino di undici anni nell'America degli anni Venti. Immaginate che vostro padre vi dica che, in caso di sua morte, vi capiterà la peggiore delle disgrazie possibili, essere affidati a una zia che non conoscete. Immaginate che vostro padre - quel ricco, freddo bacchettone poco dopo effettivamente muoia, nella sauna del suo club. Immaginate di venire spediti a New York, di suonare all'indirizzo che la vostra balia ha con sé, e di trovarvi di fronte una gran dama leggermente equivoca, e soprattutto giapponese. Ancora, immaginate che la gran dama vi dica "Ma Patrick, caro, sono tua zia Mame!", e di scoprire così che il vostro tutore è una donna che cambia scene e costumi della sua vita a seconda delle mode, che regolarmente anticipa. A quel punto avete solo due scelte, o fuggire in cerca di tutori più accettabili, o affidarvi al personaggio più eccentrico, vitale e indimenticabile che uno scrittore moderno abbia concepito, e attraversare insieme a lei l'America dei tre decenni successivi in un foxtrot ilare e turbinoso di feste, amori, avventure, colpi di fortuna, cadute in disgrazia che non dà respiro - o dà solo il tempo, alla fine di ogni capitolo, di saltare virtualmente al collo di zia Mame e ringraziarla per il divertimento.
Si tratta di un concentrato di comicità e cultura, in cui i grandi movimenti centrifughi che hanno colpito gli Stati Uniti negli anni Venti, dalla crisi del '29 alle avanguardie artistiche, vengono dipinti attraverso le avventure di un personaggio indimenticabile. Zia Mame, ora geisha giapponese, ora ballerina di fila, romantica moglie sudista e amazzone intrepida al tempo stesso, ogni mese della sua vita inaugura una nuova impresa epica, coinvolgendo di volta in volta il suo maggiordomo giapponese, la bambinaia irlandese, la dattilografa, il poeta, l'editore, l'agente letterario. Conduce una vita salottiera e ciarliera, in cui l'ostentazione della ricchezza, i cocktail in terrazza e le commedie sperimentali di Broadway si susseguono tra bollicine di champagne e letti di seta. La crisi finanziaria che travolge mezzo mondo nulla può contro questa donna dalle mille risorse. Zia Mame cade, si rialza e intrepida ricomincia da capo, conservando sempre l'ingenuità, o forse l'orgoglio, di chi non oserebbe mai riversare sugli altri la colpa delle proprie miserie. Come possa aver fatto una donna tanto avventata, imprudente, generosa e folle, a tirar su un ragazzino di dieci anni è un mistero.

Un romanzo divertente, ricco di citazioni colte ma capace di coinvolgere anche il lettore occasionale, una sorprendente sferzata di buonumore assolutamente da non perdere"

Dennis P., Zia Mame, Adelphi 2009