venerdì 28 ottobre 2011

Lo spirito del viaggio col Pietro Micca

Sabato 22 ottobre 2011, c'è stato un evento particolarmente gradevole a Fiumicino (RM), presso il cantiere Tecnomar all'Isola Sacra.
Nel piazzale antistante l'ormeggio del "Pietro Micca", antica nave a vapore di fine '800 (http://www.tecnomar.net/pietro_micca/default.htm), si è svolto uno spettacolo musicale concertato di brani operistici e canzoni, cantate dalla soprano Angela Baek, accompagnata al pianoforte dal maestro Fabio Centanni, con contenuti di prosa e poesia letti e recitati da Cristian Bufi. 
Una serata splendida, allietata dalla coinvolgente passione per il canto dell'ottima voce di Angela, dall'esecuzione di Fabio e dalla limpida interpretazione di Cristian.
Ma il vero protagonista della serata, nonostante la bravura degli artisti, è stato il Pietro Micca. Raramente credo di essermi emozionato per una scenografia tanto bella quanto vera, genuina e vivida della storia del lavoro degli uomini e della marineria.
Grazie Pierpaolo, perchè c'hai regalato un momento UNICO! E speriamo che non resti tale...


martedì 25 ottobre 2011

Elogio della mitezza di Norberto Bobbio


Leggere Bobbio in questo periodo storico, appare forse anacronistico, la sua filosofia politica suona più come retorica utopistica che come determinazione teorica del pensiero.
Eppure per altri aspetti, il tema è attualissimo e appare ravvivata  l'idea di una scissione fra etica e politica e soprattutto l'idea che la mitezza stessa sia in antitesi con la pratica politica.

Leggerlo in questo periodo, può aiutare a comprendere meglio ciò che sta accadendo al nostro paese e all'Europa, ma soprattutto a costruirsi una visione non appiattita sul momento attuale.

I grandi maestri come Bobbio ci mancano. Molto.

Sinossi: In sintonia con la tradizione filosofica del passato, Norberto Bobbio allarga l'ambito dei suoi studi per affrontare alcuni grandi temi morali del nostro tempo. Dal problema classico dei rapporti fra etica e politica, e quindi della ragion di stato, a quelli attualissimi del razzismo e della tolleranza; dal confronto tra etica laica ed etica religiosa all'atteggiamento dell'una e dell'altra di fronte al problema del Male: in queste pagine affiorano le linee essenziali di una visione laica del mondo, conclusione di anni di riflessione teorica e impegno civile.

venerdì 21 ottobre 2011

Le Chroniche Galligene in Terra Tosca.


Durante il CamminaFrancigena Senese 2011, mentre ero in cammino, ho ritrovato un frammento su un'antica pergamena, abbandonato e seminascosto, dietro l'altare di una vecchia pieve di campagna abbandonata.
Si tratta delle cronache di viaggio di qualche vecchio pellegrino.

E' impressionante notare le tante analogie con il nostro tempo e la nostra generazione.

Ecco la trascrizione che ne ho fatto...

A.D. MXI da lo settimo a lo decimosecondo jorno de lo mese d'ottobre.
Proemio: Come che fu che peregrini et peregrine si ritrovaro a S. Gimignano


S’era nello millennio novo coll’anno primo de la primier decennatione,
quand’ecco sopraggiunger nello tempo assai si atteso,
lo viaggio sacro in su la via, che de la Gallia antica portea nominatione.

Lo mese principiato in quel d’ottobre, s’era già acceso,
de passi pellegrini giunti d’ogne dove,
si come musici gaudenti co un certo peso.

Or loro com passeri la qual migratio move,
si ritrovaro tosto in Gimignano,
gaudente location che de lo santo ea portea lo nome.

Or voi mi chiederete segnando co la mano,
a guisa di carciofo si eloquente:
“Chi mai sarann costor dal cefalo si insano?”

Et io co la favella, m’incuneo ne la vostra mente
Per dissipar li dubbi e raccontarvi tosto, sanza esitatio,
de dieci e più tapini, dalle movenze lente.

Or giunto è lo momento della raccontatio,
et io vostro servo umile qual sono,
m’accingo tosto all’elencatio…

Lo primo in cima atteso, già sceso da lo trono,
Entrotti trasitando la naturale luce,
co insegne assai si nobili che danno un certo tono.

Trattonsi sanza dubbio del conte nostro duce,
lo cui cognom s’addice allo suo nome Alberto,
la tempra del comando parvossi lui produce!

Ed ecco giunger dietro col passo un poco incerto,
l’esil gentil figura di Jessica Madama,
che col suo sguardo etereo ha l’animo scoperto.

Or voi dovia sapere et qui scopriam la trama
Che ognun che la vedea bonariamente poi pensea:
“Qual difettatio fosse ciò di cui ella avea la fama?

Perché lo gomito, la bimba piegato sempre avea?
Che forse s’è bloccato?
Oppur che in tal positio dimenticato lei l’avea?”

Stolti! Lo arto suo affatto è anchilosato!
Sostiene un marchingegno, la pulzella!
Per render tosto ai posteri lo viaggio mai osato.

Sporgiommi poi dal gruppo per or sanza favella,
e vidi giunger in carminica dermite, isso:
lo longo messer Luca svettonsi verso una stella.

Tra la favella mea et le gesta sue v’è un abisso,
Che poscia raccontorvi farò a piene mani,
e molti l’han subite, com fosse un menù fisso.

Ma la processio or, si riempe di cristiani.
Eccola ordunque giunger finalmente la coppia meneghina,
che teneri che son i piccioncin padani!

La Wilma co lo Wilmo è assai carina!
Anche se lui chiamossi Mastro Sandro formalmente,
capite chi comanda nella loro casettina?

Li tre giungean com’orda longobarda assai pimpantemente
Mostrando lo lor passo assai adelante
Giravan articolando ogne favella et nome sempre abbondantemente.

Ed ecco poi da Brescia co la risata risonante,
Lo giovial partenope-padano,
saria per noi et cambusiere et fante.

Et poi li subito giungea poco lontano,
Madama Paola gentile et assai gratiosa,
Signora delle vesti stese et deterte a mano.

Ma mai niuno nello suo zaino frugare osa,
per lo timore di trovarvi ripiegato lo marito d’issa,
et anco, perché no, del parentam tutta la rosa.

Giungea si poi la piemontica assessorissa,
et sindachissa et altre cariche c’io non sapessio,
la suffraggetta nordica giammai sulla volgarità ei glissa.

Infine, a chiuder la processio de viandanti,
ecco apparir Messer Giovanni attore e commediante,
che quando ei fumava faceva tossir anco i santi.

Un treno ei sembrava ben marciante,
coi sbuffi del vapore tabacchino
e ci teneva in ordine la rotta del viandante.


A.D. MXI de lo settimo jorno de lo mese di ottobre.
Prima Chronica: De la predicatione assai profetica de lo duce-conte al principiare de lo passo

Lo jorno già volgea a l’or del desinare,
che dopo acclamationi de notabili del sito,
lo volgo già sciamava unito come un mare.


Lo nostro duce-conte assiso sul granito,
guardonci tutti quanti con sguardo fermo e fiero,
tuonossi la favella a lo volgo ‘n po’ smarrito.


E tenne il predicone con tono alto e austero!
“Fratelli et anche voi sorelle, udite a uno a uno!
Lo duce vostro giammai ei indugia qual vostro condottiero!


Partionci dunque, orsù, sanza timore alcuno,
spegnete i cellulari! Gettionci l’orologio!
Contramoci lo petto, godiamo del digiuno!


Oriamo e non pecchiamo lo spirito non sia mogio,
et vade retro satana! Cum tutti i maccheroni!
Et l’anima contrita nell’umiltà trovossi allogio.


Voi non accetterete satanasse tentationi,
Ma solo pane et acqua et brodo di gallina,
E niente feste o fiere o inaugurationi!”


Lo peregrin sgomento si sparse come brina,
lor si guardaro tosto con interrogatione,
per i precetti imposti all’orda beduina.


Or un di lor, partenope di generatione,
domandossi al suo vicino esplicitando chiaro,
per non lasciar alcun dubbio di sua preoccupatione:


“Lo vino che portommi, dal peccato è al riparo?
E lo salame poi insieme al capocollo?
Potrommi trasportarlo cum fussi homo ignaro?”


Lo dubbio amletico, Deh! Di tutti fe ‘l controllo,
E più li sandali vanno et calpestan tante milia,
e più guardonci ‘l cambusiere sperando in un bel pollo.


Financo ecco giunger l’Elsa, lo colle qual maravilia!
“V’attende lo buffet ne lo convento!”
Gridionci dietro del loco una familia.


“Già immagino un “ponche” com’alimento…
In brodo, “ciapa”, di galin con tutte l’ossa!”
Favellomi Mastro Sandro con sgomento!


Ma ecco… Maravilia! E l’emotion è una scossa!
Lo gran Buffet è sanza dubitatione, gran ricco d’abbondantia!
Passato è lo periglio, di diventar poi tutti pelle e ossa!



A.D. MXI de lo ottavo jorno de lo mese di ottobre.
Seconda Chronica: Come che fu istituita la Sacra Confraternita de la Pantofola Incatramata che ave generatione da lo sacro principio : "Homo Olere Necessere"



Lo novo jorno era già sorgiuto cum aria bona,
et l’omini et le foemine dormean beati et assai lieti,
poiché passammo tosto la notte a smaltir la finocchiona.


Ed ecco alzossi Mastro Sandro di certo somigliante ad uno Yeti,
la Vilma lo spronò ad inzuppar lo suo calzino intro lo purificante detersivo,
et fu li che ei pensea della pantofola ad una setta cum gran segreti.


“Homo Olere Necessere!” ei dichiarotti e questo fu lo precetto fondativo!
Or molti ricevean l’illuminatione, ne lo sentir la saggia affermatione
Che tanto riscotean l’umanae approvatione nel cor dell’homo comprensivo.


Con questa ferrea constatatione,
principiammo alla novella marcialonga in contritione,
anco se dopo pochi passi costretti fummo a nova sostatione


“Son certo che tutti noi a notte userem un bel limone…”
Sententia fe lo longo Luca demoralizzato
“Guardate la che spreco v’è sanza ragione”


Nessun di noi potè negare cum spirito schifato,
Quell’accanirsi indegno de li presenti tutti et accalcati,
Cum becera aviditatio, manco fosse la fin del cioccolato.


Lo pellegrino attonito fra cibi assai sprecati,
alzossi discretamente per mover passi boni,
si, già sognando tosto i verdi et fioriti prati.


Fu dunque quase a sera che vedionci Monteriggioni,
godionci poi lo spettacolo del nostro Giovannone,
per prepararci tosto a riposar le membra a ciondoloni,


Or io vorria concludere di certo indegnamente,
la citazion che alla memoria nostra corta appare un’onda,
Li sacri versi che sullo loco scrisse Dante:

"però che, come in su la cerchia tonda
Monteriggion di torri si corona,
così la proda che 'l pozzo circonda

torregiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tona”


A.D. MXI de lo nono jorno de lo mese di ottobre.
Terza Chronica: De la salita a Siena in oscuritate prima de lo levare de lo sole in su lo sacro cammino


Un urlo nell’oscura notte sveglionci tutti a soprassalto,
ma nessun homo et giammai foemina usò sua cogitatione,
lo duce-conte assiso eretto… Deh! Quant’ei sembrea si alto!

“Sorgite pelandroni dal vizioso saccappelone!
Scoccata è la terz’ora, mettionci tosto in cammino.
Et preparionci a canto et giubilo, sanza esitatione!”


Così parlò l’intrepido estatico di…vino.
Sortì una favella lieve da la Jessica pulzella:
“Pietate duce, orsù! Ancora un minutino!

Mi doleno le ossa, avete una barella?”
Et ecco il longo Luca sorgir cum piglio mediolano:
“Per ciò che mi riguarda sciacquetto sol l’ascella”


Così mettionci si ‘n cammino, sognando un bel divano…
Ma l’atmosfera magica, cambionci ‘l nostro umore,
Et ammiramm le stelle, nel gran cielo italiano.


Qual gran magnificenza che fece il Creatore!
Lo bosco dorme sereno e allieta ‘l nostro spirito.
Che gran regalo ci fece ‘l duce partendo a queste ore!

Quand’anche una lettura estatica l’animo avea nutrito.
“Com fu che una S-carpa saltea sul lago?”
Lo chiese Mastro Sandro assai incuriosito.

Infin poi giungemmo a Siena sanza svago,
Sognando caffellatte e briosche assai croccanti!
Cuscini invano noi sperammo che fè apparir ‘l nostro duce-mago!

Et ora in poi a multiple dormite assistemmo assai sognanti.
Aprì tosto la dormitio Jessica, assisa al cappuccino,
et infin caddero a Morfeo, lo longo Luca e Matrix-Vilma fra i sacri canti!


A.D. MXI de lo decimo jorno de lo mese di ottobre.
Quarta Chronica: De lo ricambio de le genti peregrine


Aprossi melanconico lo novo jorno si stamane!
La Vilma co lo Vilmo et il longo Luca,
tornotti nella notte a le loro magion padane.

Ma lo cammin prosegue sanza buca,
e resta tosto piacevol lo ricordo,
li passi facciam coi piedi e li pensieri in nuca.

Quand’ecco sopraggiunger, io non lo scordo
li novi peregrin sostitutori,
giunti in su la via come d’accordo.

Or io a voi sarò di lor com fecero i gran presentatori,
cantando gesta et fama, lo confesso,
et descriveronsi issi cum grandi allori et ori!

Per prima presentossi allo consesso,
la Malamanu scrivana in quel di Roma,
ella giungea sanza mostrare alcun complesso,

et dopo un solo milio, ella smarrirsi come un’automa.
“Lo mio obiettiv puntai sul panorama!
Quando incrociai lo mulo in fattoria. Bestia da soma!”

Lo duce-conte declamò tosto uno novo proclama:
“Serriam le fil fratelli! Marciamo tutti a vista
sanza mirar la prima farfalla che la natura acclama”


Poi dietro a lei ecco ‘l secondo de la lista,
Il Nino tosco et gran pisano,
co l’ironia e ‘l sarcasmo bene in vista.

Infine a chiudere tosto lo novo brano,
ecco a voi tutti la scolaretta Francesca detta “marea”,
che impunemente ella ballea in su la via come un indiano.

Ordunque, avventor de la favella mea,
la chronica già qui potea finire,
se per una pulzella la processio divenne tosto un’Odissea.

In lontananza vidi la Jessica soffrire,
segnando semicerchi si trascinava appena!
La tendinite, deh! La tapina andò a colpire!

Cum grande solidazio, noi s’ebbe d’issa pena,
salì la poverina sul dorso dell’attore,
col dubbio amletico ognuno: “Arriverem per cena?”

Or ecco apparir tosto l’Alberto conduttore
et co lo ciclo ante-crociata, scorre veloce sulla strada,
e rimirorsi la processio ridendo assai con gran stupore.

Quel dì l’infortunata battezzammo co la spada,
lo novo nom de la pulzella fu “compasso”
et la nomea novella fe rider tutta la masnada...



A.D. MXI de lo decimoprimo jorno de lo mese di ottobre.
Quinta Chronica: De la letio metaforica et de la morale appresa 


Fu questo jorno ricco, d’incontri novi e giusti,
fra vecchie americane et un Mastro Lindo col carretto,
La strada un po’ pesava e qualcun sognava i busti.

Quando lo corpo arranca, la mente non va a letto,
filosofando io, una metafora avea già stimolato,
la chiosa del pensier mio a voi ecco rimetto:

Pierin scolaro un giorno venne interrogato,
Fe la maestra cum piglio indagatore,
“Se sopra un ramo v’è un passero appollaiato,

et cum isso ve ne son tre ne l’istesse ore,
poiché un cacciator sparossi et lo poverin colpisce,
or dimmi: quant’uccellin restavan lì si uno more?”

Favella ‘l piccolino et intuisce:
“La logica mi dice proprio zero,
poiché al rumor scappossi tutti come biscie”

“La tua risposta è lontan dal vero,
Ti trasse, deh! In inganno la rumoratione,
Ma piacque meco, lo tuo ragionamento intero!”

“Perdoni la maestra mia se ave l’arditione,
di porger proprio ad ella lo strano mio quesito,
per scioglier sanza macchia cotal dubitatione.

L’arcan ordunque pongo cum fosse un mito:
al parco son sedute tre dolci e belle dame,
e tre pannochie isse, già avean manducato.

La prima del consesso, avea poca fame
et consumassi il pasto cum lievi leccatine,
et la seconda fè morsetti sanza brame.

Ma ecco rimirar la terza de le damine,
divora la pannocchia cum bramosia violenta,
la prende e gli riduce le fibre fine fine…

Ordunque la maestra, la mia curiosità accontenta,
se sape dir a me bimbo ‘n tale avviso:
chi delle tre è sposata et poi assai contenta?”

La maestrin… vergogna! Avvampossi tutto ‘l viso,
rispose titubante : “La terza io credo sia,
che mangia tal pannocchia, in modo assai deciso”

Pierin lo scolaretto, tradì grande ironia:
“Bastea veder lo dito, sanza tentennamento,
chi delle tre portea la fede: è questa la teoria!

Ordunque la risposta è sanza fondamento.
Ma voi non disperate, mia bella maestrina:
Ma piacque molto assai ‘l vostro ragionamento!”

Or da la letio appresa in tal sordina,
lo popolo marciante, ne trasse la morale
che vado a stipulare qual fosse una dottrina:

Se anco sbagli risposta, non mollare!
C’è chi apprezzerà cum mucho gusto,
lo modo che ave tu di… ragionare!

A.D. MXI de lo decimosecondo jorno de lo mese di ottobre.
Sesta Chronica et chiosa: De lo salitone estatico in su lo borgo radicofano


Lo ultimo jorno peregrino ricordò a tutte le genti,
che lo traguardo ambito era assai vicino,
et a lo cammino lungo incoraggiossi in più di venti.


Locali e oriundi s’aggregaro al mattutino,
al sancto et peregrino famoso e tosto corteo,
ma pian pianino si fermaro a bere vino!


Sol tre americane resistettero a Morfeo,
et furon poi premiate da Mastro Lillas in modo astruso,
et io renderò a voi testimonianza de lo trofeo.


Ei raccontò una "boutade" da noi in gran uso,
difficil da tradurre cum fosser capinere,
su alberi da frutta, declinati in modo astruso:


“Se ‘l melo fa le mele o ‘l per farà le pere,
Il fico che farà, per vostra informatione?”
Rideva lo giullare conoscendo lo sapere…


“Ma è certo ormai a voi tutti, sanza dubitatione,
e nel tradurre tosto, alcun dubbio ci sorte,
avria capito certo: lo fico fa eccetione!”


Le tre signore candide, ridean così forte,
sanza capire è chiaro lo senso sottinteso,
ma poco male, deh! Si senton fino a Orte!


Il resto de lo jorno trottammo in stile teso,
alfin di ripigliar lo tempo ch’era volato,
a l’ultimi kilometri ogne tendine era ormai leso.


Parlò ancor lo nostro duce-conte, di certo assai ispirato:
“Orsù miei prodi, avanti! Principiam lo salitone!
C’attende uno futuro d’onori da primato!”


Silvan la suffraggetta, contravvenendo al predicone
et per la prima volta tradì principi sui et i valori,
chiamossi sor Francesca e chiese col magone:


“Tu vedi lì giù il villico che ave il carrottori?
Mostrolli le tue gratie et generose forme:
sfruttiamo lo suo carro oppur restionci fori”


Niente da far però: seguimmo tutti le norme,
Arrancavamo esanimi vedendo dei miraggi,
seguimmo il duce-conte, pestammo le sue orme.


Ma lo cantor che canta non sempre avea li agi,
per dir fandonie a raffica finì sanza lo fiato,
trafitto da lo caldo e dal sol dei forti raggi,


ei venne da uno carro a 2 kilometri raccattato!
Qual onta ei subì et qual umiliatione!
Col capo chino entrotti, al centro del contado!


Ma qual gran meraviglia fu per tutti la terminatione.
Godemm del magno attore, sua recita giammai banale!
Spettacolo sublime, anco ai piè consolatione.


Vedemmo meraviglia del resto non ce ne cale,
Fantastiche gioie et magnificentie ecco sortir…
lo pan volar per tutte le sale!

lunedì 17 ottobre 2011

Il "CamminaFrancigena Senese 2011"

Giovedì 12 ottobre sono tornato da un pellegrinaggio sulla via Francigena, organizzato da "Il Movimento Lento" (http://www.movimentolento.it/) un gruppo di persone speciali, che esplicita nel nome della propria associazione la lunga tradizione della filosofia della lentezza, espressione moderna della filosofia che ha recepito parte dei princìpi originari della "Stoa" ateniese.
In sei giorni, io ed altri camminatori, abbiamo percorso oltre 130 Km. di sentieri, strade e mulattiere, incontrando pellegrini italiani e stranieri, religiosi e laici, ventenni e settantenni.
Gente diversa che ha lasciato a casa la propria quotidianeità, compresa l'identità sociale. Avvocati, medici, operai, disoccupati, artisti, si sono trasformati durante il cammino solo in pellegrini; impolverandosi, sudando, puzzando, soffrendo e ferendosi tutti allo stesso modo.
Abbiamo attraversato borghi e contrade di inestimabile valore e bellezza; vanto culturale e paesaggistico della provincia senese.
Siamo partiti da San Gimignano (SI) e, dopo aver attraversato tutta la provincia di Siena, siamo approdati a Radicofani (SI).

Questa esperienza mi ha profondamente cambiato e, come dice il mio amico Giovanni: "un pellegrinaggio è difficile da raccontare agli altri, lo si può solo consigliare"
Questo è quello che voglio fare. Consigliare a tutti, di mettersi in cammino e non solo metaforicamente.
Non ve ne pentirete.
Camminare oggi, rappresenta un gesto rivoluzionario anche se è la cosa più naturale che esista poichè, come ci ricorda Junger "Il linguaggio rispecchia il movimento del piede" (E. Junger, Il contemplatore solitario, Guanda 2000).
Il ritmo e la velocità del camminare è lo stesso di quello del battito del cuore, dell'elaborazione del pensiero e del linguaggio. 3-4 Kilometri orari.
Sarebbero molte le cose da dire e le riflessioni da sviluppare in merito a questo gesto natural-rivoluzionario.
A me, sono venute in mente tre parole: essenziale, sofferenza, tempo.

Essenziale
Camminare riduce i nostri bisogni all'essenziale. Ci costringe a riconoscere l'essenza dei nostri bisogni e del nostro vissuto, spesso sommerso dal superfluo della vita quotidiana.
Essenziale non è sinonimo di minimale. L'essenziale nella nostra vita c'è sempre, quello che perdiamo di vista è il limes che lo separa dal superfluo, che spesso tendiamo a relativizzare, spostare, contestualizzare.
Avete mai preparato un carciofo per cucinare? Fino a che punto vanno tolte le foglie esterne? Quante foglie devo togliere per arrivare ad avere solo il "cuore del carciofo"?
Camminare ci permette di intravedere meglio l'essenziale nella nostra vita, in tutti i suoi aspetti; nel mangiare come nel divertimento, nella riflessione come nella cura degli affetti, nella cura del fisico e della mente come nel riposo e la necessità dell'ozio.
E questo è un privilegio. Un lusso.
Come afferma recitando nei suoi spettacoli il mio amico Giovanni, del Teatro Agricolo (http://www.teatroagricolo.it/): "...il pellegrino, che nella vita di tutti i giorni la mattina si angoscia perchè non sa che camicia abbinare alle scarpe, all'uscita dall'ostello lo vedi esultare saltellando perchè è riuscito a lavare ed asciugare ben due paia di mutande!"

Sofferenza
Camminare procura un po' di sofferenza, di dolore fisico. Ai piedi, alla schiena, alle spalle.
Girare con uno zaino di 8-9 Kg., significa portare un peso sulle spalle (e questa non è affatto una metafora...).
Se poi, uno come me è anche sovrappeso, significa portare un peso ancora maggiore!
Quindi si impara a preparare lo zaino con l'essenziale e ci si pente di aver mangiato troppo, accumulando il superfluo sul proprio corpo.
Ecco un esempio concreto di come badare all'essenziale per lenire la sofferenza (e questa è anche una metafora...)
Ma la sofferenza del pellegrino, può essere solo lenita, mai eliminata.
Una sofferenza che viene tuttavia accettata, tollerata e riconosciuta come "prezzo da pagare", per una ricompensa ben maggiore.
In questo atteggiamento esiste un altro aspetto di cultura rivoluzionaria poichè, come afferma Achenbach: "...il programma del Moderno prevede l'eliminazione della sofferenza, senza lasciare spazio alla sopportazione, alla tolleranza o [...] all'accettazione della stessa..." (G.B. Achenbach, Il libro della quiete interiore, Apogeo 2001).
Il sogno utopistico e superbo dell'uomo moderno di voler eliminare definitivamente la sofferenza fisica, col progresso tecnologio, o meglio, col dominio della tecnologia, ha contribuito a sviluppare quel nichilismo di cui parlava Nietzsche più di un secolo fa.
L'utopia del dominio dell'uomo sulla sofferenza fisica è sfociato in una sofferenza dell'anima ben più inquietante e dolorosa.
Camminare ci fa accettare un po' di sofferenza fisica, la fame, la sete, e questo è un piccolo privilegio, per noi gente ricca del mondo occidentale.
Siamo capaci di diventare gli esseri più felici del mondo, quando una vescichetta sul tallone si va lentamente rimarginando, o quando un vecchio contadino incontrato per via, ci riempie la borraccia di acqua fresca.
Come disse il mio amico Sandro, a poche centinaia di metri dal primo bar prima di entrare a Siena, al termine della tappa notturna: "Non ho mai desiderato tanto un caffè in vita mia e me lo godrò come non mai!"

Tempo
"Il pellegrino di oggi è il vero ricco. Perchè può permettersi il lusso di disporre del suo tempo". Questo me l’ha detto il mio amico Nino, l'ultimo giorno di cammino, mentre arrancavamo sull'interminabile ultima salita che porta a Radicofani.
Ma la cosa più logica, più razionale, direi più ovvia, forse è che che chi va piano, chi vive lentamente, sostanzialmente chi viaggia a piedi percorrendo 130 Km. in 6 giorni, invece di usare l'aereo, il treno, l'automobile, in fondo chi si comporta così è uno che perde tempo.
Lo fa per passione, divertimento, ma sostanzialmente perde tempo.
Eppure, c'è qualcosa che non torna in questa ovvietà.
Come mai, nonostante il progresso, le auto sempre più veloci, la TAV, gli aerei, le conference call, le autostrade migliori, l'uomo moderno è sempre più dominato dal tempo?
Più vive freneticamente, più dice di non avere mai tempo, di averne sempre di meno, sempre poco?
E non solo per se, ma anche per gli altri: sempre meno tempo per i figli, gli affetti, gli amici.
Se chi vive lentamente, seguendo il ritmo del cuore, del pensiero, è uno che perde il tempo, l'indaffarato dove lo ha messo il suo tempo?
E' il paradosso di MOMO, dall'omonimo libro di Michael Ende, il paradosso della tartaruga che più andava piano e arrivava sempre prima rispetto agli indaffarati e veloci "signori grigi", ladri di tempo.
Tutto nasce da un equivoco fondamentale: l'idea che il tempo possa essere mercificato, materializzato e posseduto dall'uomo. Ma il tempo prescinde dall'uomo stesso e non può essere posseduto, quindi non può essere conservato, sprecato, perso.
"...Il moderno è il tempo del tempo, ma in realtà si declina come schiavo del tempo, vittima della temporalità [...] Nel moderno, il pensiero è caduto vittima del tempo, privilegiando l'istante [...] il tempo è pensato come qualcosa che si può avere e che si può suddividere, utilizzare, quasi farne "scorta" [...] eppure esso diminuisce, paradossalmente si perde. (Achenbach, op. cit.).
Insomma, si pensa equivocando che la lentezza abbia bisogno di tempo, ma è vero il contrario: è la lentezza che ci procura, ci concede e ci dona il tempo, mentre la velocità ce lo ruba.
Ricordate Alice nel paese delle meraviglie? "...ma come?, siamo rimaste qui tutto il tempo sotto questo albero? Non è cambiato proprio niente?" - "Naturalmente no", confermò la regina, [...] "qui devi correre più veloce che puoi , per rimanere sempre nello stesso posto"
Il tempo esiste per noi solo ed esclusivamente nel momento in cui ce lo prendiamo. Chi ha bisogno di tempo non lo "consuma", ma piuttosto, al contrario, lo ottiene solo in questo modo, anche per accorciare le distanze, sia fisiche, che mentali e culturali.
Un esempio?
Camminando in questi sei giorni, ho vissuto intensamente conoscendo tantissima bella gente. Gente speciale.
Ho conosciuto il loro vissuto, ho raccontato il mio vissuto, le mie emozioni, le mie idee.
Ho stabilito relazioni e intrecciato legami e amicizie forti.
Ho ripensato alla mia vita, ai miei valori, al mio vissuto umano e spirituale.
Ho incontrato polacchi, vecchie signore americane, olandesi, spagnoli, australiane.
Ho attraversato paesi e borghi e ho imparato a distinguere i cambiamenti degli abitanti negli accenti dialettali.
In sintesi, ho vissuto in sei giorni, quello non sarei riuscito a fare in due, o forse più, anni di vita.

Ma allora... qual è e dov'è il tempo perso in questi sei giorni?

Messaggio personale e un po' criptico ai miei amici del cammino:
Carissimi, forse sbaglieremo ancora a ricordare dove viviamo, cosa facciamo nella vita e continueremo a confondere i nostri nomi...

PERO' CI PIACE TANTO COME RAGIONIAMO!


Un ringraziamento particolare, va alla mia amica Paola, che mi ha concesso di pubblicare su questo post le sue foto, così eloquenti e significative.