venerdì 25 febbraio 2011

Lezioni americane di Italo Calvino


Ho letto questo prezioso libretto di Calvino almeno 10 volte.
Eppure non riesco ad afferrarlo. Lo trovo, al contempo semplice e profondamente inafferrabile. Sembra l'esemplificazione del fascino: lampante al limite dell'ovvio e misterioso al tempo stesso.
E ogni volta che lo leggo è una scoperta. Il capitolo sulla leggerezza o sulla molteplicità, ad esempio, mi insegnano ogni volta qualcosa di nuovo.
Più del titolo è esplicito il sottotitolo: "Sei proposte per il prossimo millennio "

Nonostante rappresenti un saggio si legge come un racconto; un racconto alla Calvino, ovvero a tratti surreale o picaresco.

Per chi vuole addentrarsi nei meccanismi narrativi. Quindi (dovrebbe essere) per tutti.

Scheda
Il libro è basato su di una serie di lezioni scritte da Italo Calvino nel 1985 per un ciclo di sei lezioni all'Università di Harvard, nell'ambito delle prestigiose "Norton Lectures", previsto per l'autunno di quell'anno, ma mai tenutosi a causa della morte di Calvino, avvenuta nel settembre 1985.
Le Lezioni americane offrono appunti utili per orientarsi nelle trasformazioni che apparivano davanti agli occhi del suo autore. L'informatica dei suoi anni è ancora configurata all'ambito numerico; ma Calvino ci offre spunti che vanno ben al di là di queste applicazioni. In tutte le Lezioni Calvino sottolinea la sua predilezione per testi brevi. Inoltre Calvino offre suggerimenti meno ovvi, come quello della scrittura come sistema di controllo. E ancora sottolinea l'importanza del Ritmo, anche nelle narrazioni in prosa.
Ogni lezione prende spunto da un valore della letteratura che Calvino considerava importante e che considerava alla base della letteratura per il nuovo millennio.
1.Leggerezza
2.Rapidità
3.Esattezza
4.Visibilità
5.Molteplicità
6.Coerenza (solo progettata)
Ogni lezione può essere collegata grosso modo ad alcune delle opere più famose dell'autore: per esempio, il tema della leggerezza è affrontato in I nostri antenati e Il barone rampante; Il sentiero dei nidi di ragno è invece collegato alla rapidità. Procedendo in questo modo, si possono collegare l'Esattezza a Le cosmicomiche e a Ti con zero; la Molteplicità a Se una notte d'inverno un viaggiatore, la Visibilità a Le città invisibili.
Quando morì, Calvino aveva finito tutte le lezioni tranne l'ultima. Il libro venne pubblicato postumo nel 1988.

venerdì 18 febbraio 2011

La compagnia dell'anello. Il Signore degli anelli 1 di John Ronald Reuel Tolkien

Confesso di non averlo mai letto prima. Peccato.
Un'opera davvero grandiosa. Una storia bella, semplicemente bella.
Quando la si legge ci si immerge in un mondo fantastico e si sogna.
Un libro che in Italia, solo in Italia, è stato segnato da un feroce, quanto stupido, pregiudizio e cioè che fosse un'apologia del fascismo.
Ci sono voluti 30 anni per sfatare quest'assurdità (e molti, ancora oggi, continuano a pensarlo).
Perchè?
Perchè nel libro, la terra del male è a oriente (l'est sovietico), perchè si parla di rune, di eroi, di razze, e di eletti, di bene e di male, di tradizione e infine perchè, una volta bollato dalla nostra "dittatura intellettuale" degli anni '70, come testo fascista, è stato adottato proprio dai giovani di destra italiani, che l'hanno "metaforizzato".
D'altra parte, solo in Italia, tutto viene polarizzato a destra o a sinistra, anche la doccia o il bagno, la mamma o la nutella, la mortadella o la finocchiona... (ricordate la canzone di Giorgio Gaber?). Tanto più oggi, che i concetti di destra e sinistra stanno perdendo significato storico e stanno diventando logore etichette svuotate della sostanza originaria.
Perfino il grande Branduardi fu sospettato da questi servi della stupidità, di essere di destra, solo per aver dichiarato che sul suo comodino tiene sempre due testi: la Bibbia e Il Signore degli anelli...

Sinossi
In questo primo romanzo della trilogia di Tolkien, il lettore conosce gli Hobbit, minuscoli esseri saggi e longevi. Frodo, venuto in possesso dell'Anello del Potere, è costretto a partire per il paese delle tenebre. Un gruppo di Hobbit lo accompagna e, strada facendo, si associano alla compagnia altri esseri: Elfi, Nani e Uomini, anch'essi legati al destino di Frodo. Le tappe del cammino li conducono attraverso molte esperienze diverse, finché la scomparsa di Gandalf, trascinato negli abissi da un'orrenda creatura, li lascia senza guida. Così si scioglie la Compagnia dell'Anello e i suoi membri si disperdono, minacciati da forze tenebrose, mentre la meta sembra disperatamente allontanarsi.

venerdì 11 febbraio 2011

Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino


Ho riletto questo libro "difficile", dopo alcuni anni.
L'ho classificato anche fra la saggistica perchè non è solo un'opera narrativa, ma anche un metodo per inventare storie, per mostrare la genesi delle storie, come risultato della creatività; perchè la creatività non risponde al caso e all'intuizione, ma a regole precise ed a percorsi fantastici.
Calvino usa i tarocchi come il falegname le sgorbie: ogni sua opera artigianale è diversa perchè segnata dalla sensibilità della sua mano, ma, senza i propri attrezzi, non riuscirebbe a creare nulla. Ecco, Calvino dimostra che l'artigiano delle storie crea opere originali, ma anche lui ha bisogno dei propri strumenti, che qui sono rappresentate dai tarocchi.
Il libro è diviso in due parti (il castello e la taverna... dei destini incrociati). La prima parte è quella forse riuscita meglio, più divertente e scorrevole, mentre la seconda è più criptica e "complicata".

Certamente non è il Calvino de Il barone rampante, de Le città invisibili o de Se una notte d'inverno un viaggiatore, ma è pur sempre Calvino, che sperimenta e gioca, come solo lui sa fare.
Da leggere prima o dopo... una partita a carte.

SinossiNel 1969 l'editore Franco Maria Ricci chiese a Calvino un testo che illustrasse i Tarocchi del mazzo visconteo, conservato tra Bergamo e gli Stati Uniti, il più antico che si conosca. Calvino applicò il metodo combinatorio, sperimentato anche da Propp e Queneau.
In una cornice boccaccesca, un gruppo di viaggiatori che, per un complesso di circostanze diverse, hanno perso la parola si ritrovano in un castello e l'unico mezzo che hanno per comunicare è rappresentato da un mazzo di tarocchi. Le storie vengono narrate dai commensali muti disponendo sul tavolo le figure dei Tarocchi, ciascuno utilizzando quelle degli altri o prendendo a sua volta dal mazzo carte non ancora utilizzate. Il libro, che naturalmente è illustrato, venne pubblicato nel 1973ed è diviso in due parti: semplificando si può dire che la prima, Il Castello, è un omaggio all'Ariosto; la seconda parte è un omaggio a Shakespeare, ed utilizza i Tarocchi del '700, di Marsiglia.

martedì 1 febbraio 2011

Lo spirituale un tempo di Simone de Beauvoir

Un libro molto bello, una scrittura raffinata e profonda di un gigante della cultura del '900.
Figure "antiche" di donne, oggi ancora meno attuali e quindi sempre più ideali.
Colpisce la profondità del pensiero e delle emozioni ispirate anche all'intimo della figura femminile.
Una narrazione sublime, tanto da suscitare l'olfatto, emanando l'odore di una Parigi fascinosa.

Soprattutto oggi, in questo relativismo morale, che rappresenta la donna in modo così meschino e volgare, conviene rifugiarsi in punti di riferimento solidi, come la de Beauvoir.

Da leggere in viaggio, idealmente in Francia, preferibilmente a Parigi, magari seduti a Place Saint-Germain des Pres, seduti al Café de Flore...

La sinossi: "Storie di donne. Tensioni vitali, destini incrociati, in una Parigi anni '30 ancora rigidamente cattolica, ma dove già s'intravvedono le prime ombre della ribellione esistenzialista. Marcelle è la giovane intellettuale che si sacrifica ad un marito sbagliato e fintamente «bohémien» e che si brucia nell'illusione di poter vincere la propria amarezza ripetendosi senza convinzione «sono una donna di genio ». Chantal è l'insegnante emancipata e volitiva che vorrebbe amministrare i destini altrui e che scopre invece, dopo un prevedibile scacco, di aver fallito anche il proprio. Lisa: la collegiale-bambina rapita da un amore senza realtà e che si immagina donna soltanto perché una sconosciuta l'ha scambiata erroneamente per l'amante del marito. Ancora Anne: l'adolescente pura che si consuma in un amore assoluto ed impedito dal terribile rigore religioso della madre; un amore infelice che si somatizza in un male e che spegnerà nella follia la sua dedizione. Ed infine Marguerite, la ragazza che risponde al soffocante clima «spiritualista» della famiglia con atteggiamenti spavaldi ed «immorali », girando per i caffè parigini tra vagabondi e prostitute e legandosi d'uno strano rapporto col cognato che ha vilmente abbandonato la sorella. È l'unica, in fondo, realmente «scontenta del proprio destino », l'unica che sappia davvero ribellarsi alla propria biografia obbligata (e non è difficile, in filigrana, scorgervi un ritratto della stessa autrice). «Lo spirituale un tempo» è la prima prova narrativa, rimasta inedita, di Simone de Beauvoir; un «romanzo d'apprendistato», scritto in quegli anni, prima di conoscere Sartre, sotto l'influenza della letteratura della «Nouvelle. Revue Française», e di Gide in particolare. Queste pagine contengono «in nuce», e già svelano, le radici del messaggio anticonformista dell'autrice e della sua appassionata ribellione a ogni mito dell'eterno femminino"