giovedì 25 novembre 2010

Amor fati di Marcello Veneziani

Un libro interessante, molto erudito e con un linguaggio un po' criptico.
Veneziani è un pensatore raffinato, senza dubbio, ma ha scritto di meglio secondo me.
In questo saggio ha affrontato un argomento grande, in modo monotematico e quindi non ha potuto far altro che spaziare fra infiniti mondi.
Comunque un libro utile, perchè stimola la riflessione e non lascia soli davanti al destino. Una visione di certo non pessimistica, ma di certo un po'... FATAlista.


Da leggere.


Dalla quarta di copertina: "Nel senso corrente, il destino è pensato come un crudele gendarme che strappa alla vita inchioda a una sorte. In realtà il destino radica l'essere nell'avvenire, dà senso all'accadere, connette l'esistenza a un disegno e a una persistenza. Essere è avere un destino." Oggi viviamo in un deserto di senso gremito di accessori. Abbiamo tutto, meno il senso della vita. E per la prima volta avvertiamo un cortocircuito di spazio e tempo, che produce insieme sradicamento, cioè perdita irreparabile di un luogo percepito come casa e rifugio, e "attimismo", cioè scomparsa del passato e del futuro nel gorgo del presente. Liberarci dal destino non ci ha restituito la libertà e il senno, ci ha lasciati in balìa del caso, un tiranno ancor più cieco e più folle. È possibile oggi ripensare il destino per riconoscere un disegno intelligente alla vita al di fuori dei determinismi della scienza? Marcello Veneziani affronta il tema del destino spostando la chiave di lettura "ad altezza d'uomo" e passando dal fato in sé - entità metafisica e solenne - ai suoi amanti, ovvero a chi davanti al tramonto di storia, fede e pensiero non finge che nulla sia accaduto, non vuol tornare indietro e nemmeno si congratula per la liberazione avvenuta, ma riparte dal pensiero in relazione alla realtà e alla presente tabula rasa. Un tentativo di superare Nietzsche e il nichilismo, riallacciandosi ai classici e alla tradizione neoplatonica, fino a Simone Weil e a Maria Zambrano"

Veneziani M., Amor fati. La vita tra caso e destino, Mondadori 2010

martedì 2 novembre 2010

L'uomo artigiano di Richard Sennett

E' un libro che fa riflettere. Sulle cose più elementari e scontate della nostra vita quotidiana. Talmente scontate che non le notiamo nemmeno più.
L'uso delle mani ad esempio, è diventata un'abilità sottotono.
L'uso delle mani come abilità collegata al pensiero, alla deduzione, alla esecuzione ragionata.
Il "saper fare" si è spostato tutto sulle abilità intellettuali. Saper usare le mani è solo saper usare una tastiera, un video touch screen, un mouse, un telecomando, una pulsantiera di una macchina. Come in videogioco.
La capacità di osservazione, di deduzione e di riparazione l'abbiamo definitivamente persa. Se si rompe qualcosa, qualcosa di concreto, semplicemente la sostituiamo, se non addirittura ricompriamo direttamente tutto: abbiamo Ikea, Leroy Merlin, Trony, Ebay. Nemmeno la osserviamo per capire com'è fatta e magari basta sostituire una vite.

La nostra attività è diventata attività del consumo; funzionale al consumo.

E alla fine le nostre mani si distaccano sempre di più dalla nostra mente: trattano il virtuale come fosse il reale e se un Iphone ci mette a disposizione una applicazione che riproduce il freddo o il caldo sul video del telefonino, restiamo estasiati come una grossa conquista del progresso.
Abbiamo il fuoco e il ghiaccio in natura, ma preferiamo le loro imitazioni virtuali.

Re-imparare ad usare le mani, acquisire la manualità, significa ri-abituare la mente ad emanciparsi e a stimolare il proprio spirito di sopravvivenza.


Un esempio concreto raccontato da Mauro Corona.
Due coniugi si sono persi durante un'escursione in un bosco e sono stati ritrovati morti assiderati alcuni giorni dopo. In tasca, uno dei due, aveva un'intera scatola di fiammiferi.
I due sono morti, perchè incapaci di accendere un fuoco per riscaldarsi. Drammatico, ma vero.

Dalla quarta di copertina: "Saper fare bene le cose per il proprio piacere: una regola di vita semplice e rigorosa che ha consentito lo sviluppo di tecniche raffinatissime e la nascita della conoscenza scientifica moderna. Fabbri, orafi, liutai univano conoscenza materiale e abilità manuale: mente e mano funzionavano rinforzandosi, l'una insegnava all'altra e viceversa. Ma non è il solo lavoro manuale a giovarsi della sinergia tra teoria e pratica. Perché chi sa governare se stesso e dosare autonomia e rispetto delle regole, sostiene Sennett, non solo saprà costruire un meraviglioso violino, un orologio dal meccanismo perfetto o un ponte capace di sfidare i millenni,ma sarà anche un cittadino giusto. L'uomo artigiano racconta di ingegneri romani e orafi rinascimentali, di tipografi parigini del Settecento e fabbriche della Londra industriale, un percorso storico attraverso cui Sennett ricostruisce le linee di faglia che separano tecnica ed espressione.arte e artigianato, creazione e applicazione. Il miglior esempio di "saper fare" moderno? il gruppo che ha creato Linux, gli artigiani della moderna cattedrale informatica"