giovedì 8 luglio 2010

Flatlandia di Edwin Abbott

Il racconto è diviso in due parti. Nella prima parte il narratore, un quadrato, descrive brevemente il mondo di Flatlandia. Questo è un mondo bidimensionale e gli abitanti di questo mondo sono delle figure geometriche che si muovono su un piano che per loro è l'universo. Nella seconda parte del racconto il quadrato racconta il suo incontro con una sfera proveniente da Spacelandia (il mondo a tre dimensioni) che lo illumina sulla presenza della terza dimensione. In seguito il quadrato racconta di come gli abitanti di Flatlandia abbiano reagito (male) al suo tentativo di spiegare la presenza di una terza dimensione. In Flatlandia la società è rigidamente divisa in gerarchie e la suddivisione si basa sull'aspetto fisico. Nello specifico, sul numero di lati che formano le figure. Nel mondo di Flatlandia un maggior numero di lati (o meglio, un angolo più largo) viene associato a maggior intelligenza e quindi a lavori migliori e di maggior responsabilità. In questo mondo ogni individuo può sperare in un'ascesa sociale sua o eventualmente della sua prole, anche se in realtà solo un ridottissimo numero di individui riesce a migliorare la propria posizione sociale. La remota possibilità d'elevazione sociale viene utilizzata dalla classe dominante per mantenere pacifico il popolo e in caso di rivolte l'elevazione di classe viene utilizzata per allettare i capi delle rivolte e quindi per far fallire tutte le rivolte in Flatlandia. Uno speciale spazio viene riservato alle donne che in quell'universo sono delle linee e quindi, essendo dotate solo di due lati e di un angolo pressoché zero, sono di memoria e intelligenza nulla, inversamente proporzionale alla querulità (non ricordando quello che dicono, lo dicono continuamente, ohi...). Inoltre avendo un angolo acutissimo possono accidentalmente distruggere qualsiasi altra figura geometrica al contatto, e sono costrette a dimenarsi continuamente e ad emettere il 'grido di pace' per segnalare la loro presenza (se venissero incontro altrimenti la visione bidimensionale sarebbe puntiforme, quindi invisibile-pericolosissime quindi!).
Beh leggendo fin qui uno potrebbe anche dire, che palle, perchè dovrei leggermi un libretto satirico dell'800 scritto da un prete con la faccia simpatica? Per almeno due motivi: il primo è che ci vuole molta fantasia a scrivere un libro così, e troverete delle invenzioni nel libro che vi faranno ridere e stupire. La seconda è che il racconto, passando in secondo piano la satira della società vittoriana (non è poi cambiato moltissimo, cmq), è della categoria protagonista contro se stesso (molto facile identificarsi;-): infatti a lui la rivelazione gli cade come una disgrazia! lui ci sta bene nella società a due dimensioni, ma comincia a metterla in discussione con riluttanza quando l'angelo della terza dimensione gli fa la rivelazione, a lui tra mille e ogni mill'anni. E' sempre combattuto, in fondo le regole e credenze dei cerchi (i massimi poteri) sono sagge, e si è visto cosa è successo quando non si è dato rettta, e poi questa terza dimensione che non si riesce proprio a capire. Sarà un sogno, e un pò di ragionamento a mettere in moto in modo inarrestabile e ineluttabile il nostro protagonista. Quando supererà l'angelo suo maestro, però.... basta! che sennò ve lo racconto. Il libro è un must fra i matematici, perchè mostra come fantasia e ragionamento possono distruggere un mondo e rivelarne un altro che non esisteva agli occhi di nessuno (ma anche che ampliare la propria visione può essere un tantino lacerante.... e questo non vale solo per i matematici).

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