Massimo Fini è un autore scomodo. Un autore difficile. Un blasfemo.
Se fosse nato al tempo di Giordano Bruno, probabilemente sarebbe già stato arso su un bel rogo...
Perchè oggi affermare che la democrazia è un male è blasfemia.
La democrazia, questa democrazia, questo modello di democrazia, costruito nel nostro mondo occidentale è una vera democrazia? La vera democrazia delle origini?
No di certo, questo ormai lo sappiamo tutti.
Ma la questione è un'altra. La "peggiore forma di governo, ma l'unica perseguibile", quanto è giustificabile e fino a che punto dobbiamo accettarla in nome di un'idea di ineluttabilità?
Siamo certi che per evitare le forme dittatoriali del '900, siamo e saremo sempre costretti ad accettare questo "imbroglio" di democrazia surrogata?
Pensiamo alla definizione "sovranità popolare", tanto abusata in questi ultimi tempi. La "sovranità popolare" rappresenta solo la vera idrolatria del populismo più deteriore. Anche nella nostra Costituzione Repubblicana, la sovranità popolare semplicemente NON ESISTE ("La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"). La sovranità, casomai è della costituzione, ultimo baluardo di regole, principi e valori condivisi (ancora, miracolosamente).
Non a caso l'attacco alla nostra Carta Costituzionale in questi anni, è stato perseguito dagli stessi che hanno teorizzato l'apologia della sovranità popolare. Abbiamo assistito alla creazione di un populismo teorizzato da un nichilismo della costituzione, suffragato da un relativismo di comodo.
Ma poi, il fine ultimo di una società coesa non è forse il bene sociale, la giustizia, la convivenza e finalmente la felicità? La democrazia dovrebbe solo essere il mezzo, uno dei mezzi possibili.
Ad avercene di intellettuali così! Le cui tesi spesso sono criticabili, anche ferocemente, ma di certo non conformisti, non sudditi intellettualmente; strani, anarcoidi e criticabili, ma fortunatamente difficilmente inquadrabili in steccati pseudo ideologici.
Abbiamo bisogno di pensatori così; che provocano e ci provocano smuovendoci quello che McLuhan chiamava il narcisistico torpore dell'uomo moderno occidentale.
Sinossi: "Per la nostra cultura la democrazia è "il migliore dei sistemi possibili", un valore così universale che l'Occidente si ritiene in dovere di esportare, anche con la forza, presso popolazioni che hanno storia, vissuti e istituzioni completamente diversi. Fini demolisce questa radicata convinzione. Il suo attacco però non segue le linee né della critica di sinistra, che addebita alla democrazia liberale di non aver realizzato l'uguaglianza sociale, né di destra che la bolla come governo dei mediocri. La "democrazia reale" è un regime di minoranze organizzate, di oligarchie politiche economiche e criminali che schiaccia e asservisce l'individuo, già frustrato e reso anonimo dal meccanismo produttivo di cui la democrazia è l'involucro legittimante"
lunedì 28 novembre 2011
giovedì 24 novembre 2011
"Il quadro". Un racconto di Karminia
E' come se tutti si fossero dimenticati le difficoltà della vita; ecco, vedo due ragazze, ora chiedo loro spiegazioni: "Ehi, voi! Che fate qui? Insomma dove ci troviamo? E poi perchè siete così felici?"
Nessuna risposta. Nessuna.
"Insomma, siete scalze, prive di ogni cosa, ma allora, perchè siete così felici?"
Mi sento a disagio, come se avessi detto qualcosa che le ha scosse: "Vi chiedo scusa. Non volevo ferirvi"
Finalmente una delle due ragazze, la più magra, mi risponde: "Noi non abbiamo bisogno di cose materiali per essere felici. Ciò che ci serve per essere felici è tutto qui, in questo quadro. Tutto quello che ci serve per correre"Rimango sbalordita da quelle parole e mi chiedo se una parte delle difficoltà della vita siano proprio dovute alle cose materiali. Quelle cose che causano i sentimenti di invidia, di avarizia e ci fanno star male sia quando proviamo certi sentimenti, sia quando li subiamo.
Ecco... la conoscenza di questo quadro, questo tipo di conoscenza, mi rende finalmente felice. Era proprio quello che ci voleva!
Karminia
domenica 20 novembre 2011
"Io, io ed io". Un racconto di Karminia
C'era anche l'io del passato, che mi ha detto: "Ehi tu! Io sono io. L'io di ieri, il più giovane ed anche il più bello e tu?"
"Io sono io" risposi sicuro.
"Ho capito. Anch'io sono io. Ma tu dimmi, come sei?" aggiunse.
"Sono un io simpatico e sportivo; forse non bello come te, meno giovane sicuramente, ma più moderno" dissi.
Eravamo seduti al bar io ed io, sorseggiando entrambi un tè, quando si sedette accanto a noi un tipo strano. Un tipo che sembrava avesse fatto un lunghissimo viaggio.
Gli chiesi: "Chi sei? Io sono l'io di oggi, mentre lui è quello di ieri, ma tu? Chi sei tu? Io non ti ho mai visto da queste parti"
"Non puoi avermi visto. perchè io sono l'io di domani. Vengo dal futuro e posso raccontarvi qualsiasi cosa che è accaduta, che sta accadendo e che accadrà. Ma non lo farò oggi, forse domani, chissà"
Io e gli altri due io restammo per un po' in silenzio, pensando.
Poi dissi: "Io che sono l'io di oggi, posso dire di essere il vero io, perchè solo adesso esisto io"
"Come sarebbe a dire il vero io? Io, l'io di ieri, sono il vero io, perchè sono io da prima di tutti voi e sono il più giovane e vivrò più a lungo"
"Sbagliate entrambi. - disse l'io del futuro - Io sono vecchio certo, ma sono il più saggio e posso fare, perchè le ho già fatte, tante cose che voi non potete fare"
Mi scocciai e cominciai ad urlare: "Basta! Io sono il vero io! Ora ci sono solo io!"
E l'io del passato cominciò a ridere: "Illusi! Io sono il vero io, ho più tempo di tutti per essere io"
Ma l'io del futuro aggiunse con pazienza: "Ma non capite? Se non fosse per me, voi nemmeno esistereste, perchè non avreste alcun futuro"
Rimanemmo lì a discutere chi fosse il vero io. Per ore ed ore.
Il giorno dopo, mentre eravamo ancora lì, seduti a discutere, si presentò un tizio, uno sconosciuto e si sedette accanto a noi.
"E tu? - chiesi stupito - Tu... chi sei?"
Il tipo prese la mia tazza, sorseggiò con calma il mio tè ormai freddo, poi disse: "Non l'avete ancora capito tutti e tre? Io sono il nuovo io. Mentre voi eravate seduti qui a discutere, il tempo è passato e un nuovo giorno è arrivato. Ora, il vero ed unico io sono soltanto io!"
Karminia
Il mondo a piedi di David Le Breton
Un libro pieno di spunti e riflessioni.
Forse un po' scontato per chi ha già fatto o fa da tempo l'esperienza del cammino come stile di vita e ne ha ritrovato l'aspetto quotidiano, del "gesto naturale".
Lo stile narrativo è un po' troppo aulico, a volte pomposo e si avverte quasi la necessità di riempire di contenuti oltre la necessità di senso e simbolismo.
Un bel capitolo è quello sul camminare in città e sulla definizione dei cinque sensi.
Sinossi: "Godimento del tempo e dei luoghi, il camminare è uno scarto rispetto alla modernità. Viaggiare a piedi è un gesto trasgressivo, una potente affermazione di libertà. E' un avanzare in modo trasversale nel ritmo frenetico della vita moderna. "Il mondo a piedi" propone un modo nuovo di viaggiare, mette in relazione il punto di vista dei personaggi storici quali Stevenson, Sansot e Basho, ponendoli attorno a un tavolo immaginario a scambiarsi opinioni sul senso del percorrere il mondo e la vita a piedi. Una dissertazione che induce a considerare con curiosità un aspetto ormai insolito del viaggio"
Forse un po' scontato per chi ha già fatto o fa da tempo l'esperienza del cammino come stile di vita e ne ha ritrovato l'aspetto quotidiano, del "gesto naturale".
Lo stile narrativo è un po' troppo aulico, a volte pomposo e si avverte quasi la necessità di riempire di contenuti oltre la necessità di senso e simbolismo.
Un bel capitolo è quello sul camminare in città e sulla definizione dei cinque sensi.
Sinossi: "Godimento del tempo e dei luoghi, il camminare è uno scarto rispetto alla modernità. Viaggiare a piedi è un gesto trasgressivo, una potente affermazione di libertà. E' un avanzare in modo trasversale nel ritmo frenetico della vita moderna. "Il mondo a piedi" propone un modo nuovo di viaggiare, mette in relazione il punto di vista dei personaggi storici quali Stevenson, Sansot e Basho, ponendoli attorno a un tavolo immaginario a scambiarsi opinioni sul senso del percorrere il mondo e la vita a piedi. Una dissertazione che induce a considerare con curiosità un aspetto ormai insolito del viaggio"
giovedì 17 novembre 2011
Come dire. Galateo della comunicazione di Stefano Bartezzaghi
Prima di tutto una premessa.
Questo libro non l'ho scelto io e, d'altra parte, non ne avevo alcuna intenzione.
Mi è stato regalato dal mio amico Pierpaolo.
Non per un compleanno o per qualche altra occasione particolare.
Me l'ha regalato perchè ha pensato che fosse "adatto a me".
"Questo libro è per uno come te, - mi ha detto - a cui piace scrivere giocando con le parole".
S'è presa una bella responsabilità il mio amico Pierpaolo, perchè regalare un libro non è mai una scelta facile.
E' molto più semplice regalare una sciarpa piuttosto che un libro, perchè la prima basta indossarla, mentre il secondo è un regalo che impegna il tempo e l'attenzione di chi lo riceve.
Dopo averlo letto, si è rafforzata in me l'idea che il mio amico Pierpaolo ci ha preso anche stavolta: come avrebbe detto un noto politico molisano... "c'azzecca".
Questo libro è esilarante! Leggerlo sulla metro è rischioso: vi prenderanno per pazzi, vedendovi ridere con le lacrime agli occhi, come davanti ad una pellicola di Stanlio e Ollio!
Una vera rivelazione Bartezzaghi: un fine e raffinato giocoliere delle parole!
Non vi dirò di più: troverete tutto scritto nel libro... Buona lettura e buon umore!
Per parte mia, lasciatemi ringraziare due volte il mio amico Pierpaolo: una per il libro ed una per questo libro.
Sinossi: "Le scorrerie di Bartezzaghi, allegro linguista e principe dei giocatori di parole, tra le praterie della lingua: i suoi usi e abusi, i suoi trucchi e doppi sensi. I nuovi modi di comunicare della civiltà digitale: il web, le mail, gli sms. I blog. Facebook e Twitter. Telefoni da leggere e da scrivere. Com'è fatto l'italiano che parliamo. I nuovi strafalcioni. E quelli antichi. Dall'editorialista di "Repubblica", un ritratto comico dell'Italia postmoderna, la sua lingua, la sua grammatica, la sua morfologia, la sua sintassi"
Questo libro non l'ho scelto io e, d'altra parte, non ne avevo alcuna intenzione.
Mi è stato regalato dal mio amico Pierpaolo.
Non per un compleanno o per qualche altra occasione particolare.
Me l'ha regalato perchè ha pensato che fosse "adatto a me".
"Questo libro è per uno come te, - mi ha detto - a cui piace scrivere giocando con le parole".
S'è presa una bella responsabilità il mio amico Pierpaolo, perchè regalare un libro non è mai una scelta facile.
E' molto più semplice regalare una sciarpa piuttosto che un libro, perchè la prima basta indossarla, mentre il secondo è un regalo che impegna il tempo e l'attenzione di chi lo riceve.
Dopo averlo letto, si è rafforzata in me l'idea che il mio amico Pierpaolo ci ha preso anche stavolta: come avrebbe detto un noto politico molisano... "c'azzecca".
Questo libro è esilarante! Leggerlo sulla metro è rischioso: vi prenderanno per pazzi, vedendovi ridere con le lacrime agli occhi, come davanti ad una pellicola di Stanlio e Ollio!
Una vera rivelazione Bartezzaghi: un fine e raffinato giocoliere delle parole!
Non vi dirò di più: troverete tutto scritto nel libro... Buona lettura e buon umore!
Per parte mia, lasciatemi ringraziare due volte il mio amico Pierpaolo: una per il libro ed una per questo libro.
Sinossi: "Le scorrerie di Bartezzaghi, allegro linguista e principe dei giocatori di parole, tra le praterie della lingua: i suoi usi e abusi, i suoi trucchi e doppi sensi. I nuovi modi di comunicare della civiltà digitale: il web, le mail, gli sms. I blog. Facebook e Twitter. Telefoni da leggere e da scrivere. Com'è fatto l'italiano che parliamo. I nuovi strafalcioni. E quelli antichi. Dall'editorialista di "Repubblica", un ritratto comico dell'Italia postmoderna, la sua lingua, la sua grammatica, la sua morfologia, la sua sintassi"
lunedì 14 novembre 2011
Sulla Fiaba di Italo Calvino
Colpisce la mole di lavoro fatta da Italo Calvino.
Un grande autore che non ha esistato a raccogliere con pazienza ed umiltà un patrimonio della nostra tradizione orale e regionalistica.
Queste favole raccontano molto dell'Italia di una volta, ma sono attuali sui vizi e ele virtù del nostro popolo.
Favole da leggere, ancor prima di leggerle ai bambini la sera prima che si addormentino.
Sinossi: "L'origine, lo sviluppo e la funzione della fiaba studiato dal grande narratore che ha portato a termine la prima grande raccolta organica del patrimonio favolistico italiano"
Un grande autore che non ha esistato a raccogliere con pazienza ed umiltà un patrimonio della nostra tradizione orale e regionalistica.
Queste favole raccontano molto dell'Italia di una volta, ma sono attuali sui vizi e ele virtù del nostro popolo.
Favole da leggere, ancor prima di leggerle ai bambini la sera prima che si addormentino.
Sinossi: "L'origine, lo sviluppo e la funzione della fiaba studiato dal grande narratore che ha portato a termine la prima grande raccolta organica del patrimonio favolistico italiano"
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Crescere coi piccoli,
Leggo (narrativa)
domenica 6 novembre 2011
9 agosto 378. Il giorno dei barbari di Alessandro Barbero
Ho aperto questo saggio solo per curiosità.
D'altra parte, la prima motivazione alla lettura è proprio la curiosità.
Una vera sorpresa, sia per la storia, sia per lo stile dell'autore e per l'uso sobrio del linguaggio.
Barbero è capace di raccontare con linearità, fatti ed argomenti anche complessi e dibattuti, con la forza della narrazione più che del saggio.
Il parallelismo, ad esempio, con l'attuale immigrazione di oggi o con la decadenza di un potere corrotto, è evidente anche se non volutamente sottolineato dall'autore; nasce dalla capacità di Barbero di delineare i protagonisti come veri personaggi di una storia da raccontare.
Da leggere in tre o quattro sere, che potrebbero raddoppiare sorseggiando un buon chianti.
Sinossi: "Questo libro racconta di una battaglia che ha cambiato la storia del mondo ma non è famosa come Waterloo o Stalingrado: anzi, molti non l'hanno mai sentita nominare. Eppure secondo qualcuno segnò addirittura la fine dell'Antichità e l'inizio del Medioevo, perché mise in moto la catena di eventi che più di un secolo dopo avrebbe portato alla caduta dell'impero romano d'Occidente. Parleremo di Antichità e Medioevo, di Romani e barbari, di un mondo multietnico e di un impero in trasformazione e di molte altre cose ancora. Ma il cuore del nostro racconto sarà quel che accadde lì, ad Adrianopoli, nei Balcani, in un lungo pomeriggio d'estate."
D'altra parte, la prima motivazione alla lettura è proprio la curiosità.
Una vera sorpresa, sia per la storia, sia per lo stile dell'autore e per l'uso sobrio del linguaggio.
Barbero è capace di raccontare con linearità, fatti ed argomenti anche complessi e dibattuti, con la forza della narrazione più che del saggio.
Il parallelismo, ad esempio, con l'attuale immigrazione di oggi o con la decadenza di un potere corrotto, è evidente anche se non volutamente sottolineato dall'autore; nasce dalla capacità di Barbero di delineare i protagonisti come veri personaggi di una storia da raccontare.
Da leggere in tre o quattro sere, che potrebbero raddoppiare sorseggiando un buon chianti.
Sinossi: "Questo libro racconta di una battaglia che ha cambiato la storia del mondo ma non è famosa come Waterloo o Stalingrado: anzi, molti non l'hanno mai sentita nominare. Eppure secondo qualcuno segnò addirittura la fine dell'Antichità e l'inizio del Medioevo, perché mise in moto la catena di eventi che più di un secolo dopo avrebbe portato alla caduta dell'impero romano d'Occidente. Parleremo di Antichità e Medioevo, di Romani e barbari, di un mondo multietnico e di un impero in trasformazione e di molte altre cose ancora. Ma il cuore del nostro racconto sarà quel che accadde lì, ad Adrianopoli, nei Balcani, in un lungo pomeriggio d'estate."
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