E' come se tutti si fossero dimenticati le difficoltà della vita; ecco, vedo due ragazze, ora chiedo loro spiegazioni: "Ehi, voi! Che fate qui? Insomma dove ci troviamo? E poi perchè siete così felici?"
Nessuna risposta. Nessuna.
"Insomma, siete scalze, prive di ogni cosa, ma allora, perchè siete così felici?"
Mi sento a disagio, come se avessi detto qualcosa che le ha scosse: "Vi chiedo scusa. Non volevo ferirvi"
Finalmente una delle due ragazze, la più magra, mi risponde: "Noi non abbiamo bisogno di cose materiali per essere felici. Ciò che ci serve per essere felici è tutto qui, in questo quadro. Tutto quello che ci serve per correre"Rimango sbalordita da quelle parole e mi chiedo se una parte delle difficoltà della vita siano proprio dovute alle cose materiali. Quelle cose che causano i sentimenti di invidia, di avarizia e ci fanno star male sia quando proviamo certi sentimenti, sia quando li subiamo.
Ecco... la conoscenza di questo quadro, questo tipo di conoscenza, mi rende finalmente felice. Era proprio quello che ci voleva!
Karminia
A me è piaciuto molto questo piccolo racconto.
RispondiEliminaL'ho trovato fresco e diretto.
Personalmente poi penso che la felicità non va indagata ma vissuta...momento dopo momento!
Ciao Chiara
Sai Karminia, mi è piaciuto questo racconto, fino alla chiusura delle virgolette, poi non più - lo ho un pò rifiutato. Io lo chiamo l'effetto 'profeta' (ascoltando molte canzoni di profeti ne so qualcosa)... sai è come quando uno ti spiega per convincerti, ti vuole dimostrare, insegnare, cooptare (si diffida sempre un po’ di questi tipi, specie se sei un po’ sgamato). Invece le conclusioni che tu tiri così didascalicamente nella ultima parte potevano semplicemente essere lasciate al lettore (che era così libero di costruire la sua personale storia sulla tua così bella), oppure - se credi, fatte succedere anzichè essere spiegate. Ad esempio la protagonista poteva fare un gesto, o una cosa, che derivavano direttamente dai suoi pensieri del momento. Insomma secondo me, senza l'effetto profeta saresti una grande narratrice! Continua che ti seguiamo.
RispondiEliminaMaxMaxxi
MaxMaxxi dice anche però, che quando la ragazza fa la domanda per la seconda volta e quelle incupiscono, lì è la zampata di classe ;-)
RispondiEliminaMAxMaxxi
La felicità non consiste forse nell'esperirsi e nell'esperire l'attimo, qui ed ora?
RispondiEliminaUn punto temporale che si fa durata, un infinitesimo che si dilata nell'infinito. Che si fa infinito.
E che come tale non si lascia dire. Suscettibile solo di essere vissuta. Oppure no.
Ma giunge sempre, inesorabile, qualcuno o qualcosa che ti porta via, che ti tira giù, nel tempo.
E allora rispondere alla domanda diviene mooolto difficile.
Finisce la felicità.
Ed incominciano le astrazioni.
Grazie Bea
Mi ha colpito il fatto che la ragazza interrogata passa da uno stato di felicità inconsapecole ad uno stato di cupezza consapevole quasi a sottolineare che siamo felici quando non ci facciamo troppe domande mentre nel momento in cui dobbiamo dare spiegazioni andiamo in difficoltà. Il breve racconto arriva al cuore, mi é piaciuto.
RispondiEliminaC.
Finalmente letto. Bello, conciso, diretto nell'anima e nel cuore. Di qui è il quadro?
RispondiEliminaBaci dal Brasile!
Jô
PICASSO
RispondiElimina