mercoledì 25 maggio 2011

Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? di Jonathan Safran Foer

Da quando ho iniziato la lettura di questo libro, non riesco più a mangiare la carne come prima. Non riesco a non pensare alle descrizioni che l'autore fa degli allevamenti intensivi industriali.
Lui pone almeno tre motivi, relativi all'opportunità del consumo di carne. Il primo di ordine etico e filosofico: si può consumare e contribuire ad aumentare la domanda di consumo, del cibo che deriva da pratiche così disumane e crudeli, che procurano tantissima sofferenza a miliardi degli esseri viventi? Il secondo di ordine ambientale: l'inquinamento di aria e acqua, provocato (direttamente o indirettamente) da un singolo individuo dei paesi industrializzati, è dovuto per il 60% al suo consumo medio di carne proveniente da allevamenti industriali (praticamente tutti)! Considerando che il restante 40% è dovuto all'uso dell'auto, del treno, dell'aereo, dell'uso degli elettrodomestici, ecc. in pratica inquina molto meno un vegetariano che gira quotidianamente con un SUV Hummer da 300 CV. Il terzo, infine, di ordine salutare: è stato dimostrato che molte delle malattie genetiche, autoimmuni, tumorali, nonchè tutti i tipi di influenza, più o meno letali, sono la diretta conseguenza della carne trattata con anabolizzanti, antibiotici, ormoni e milioni di agenti patogeni che hanno intaccato il patrimonio genetico di questi animali.

L'autore ha preso molto sul serio questo lavoro; si è ampiamente documentato (un terzo del libro è costituito da note, allegati, riferimenti, relazioni governative,...), ha intervistato allevatori, ambientalisti, attivisti delle associazioni animaliste, ha visitato decine di allevamenti, alcuni anche di notte, di nascosto. Inutile dire che è diventato vegetariano, anche se non in modo radicale.

In fondo, il titolo del libro vuole significare proprio questo: si può operare una scelta (quella di non mangiare carne) in base a diverse motivazioni alte e nobili, religiose o filosofiche; ma lo si può fare anche partendo più semplicemente dai tre motivi esposti prima.

Sinossi: Jonathan Safran Foer, da piccolo, trascorreva il sabato e la domenica con sua nonna. Quando arrivava, lei lo sollevava per aria stringendolo in un forte abbraccio, e lo stesso faceva quando andava via. Ma non era solo affetto, il suo: dietro c'era la preoccupazione costante di sapere che il nipote avesse mangiato a sufficienza. La preoccupazione di chi è quasi morto di fame durante la guerra, ma è stato capace di rifiutare della carne di maiale che l'avrebbe tenuto in vita, perché non era cibo kosher, perché "se niente importa, non c'è niente da salvare". Il cibo per lei non è solo cibo, è "terrore, dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione, storia e, ovviamente, amore". Una volta diventato padre, Foer ripensa a questo insegnamento e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. Questo libro è il frutto di un'indagine durata quasi tre anni che l'ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, che l'ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.

2 commenti:

  1. Sto legendo un libro che parla di questo, si chiama AntiCâncer (Anticancro). La voglia di mangiare carne diminuisce ogni giorno...
    Baci brasiliani!

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  2. sarei curiosissima di leggerlo questo libro ;-)

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