mercoledì 7 settembre 2011

Io e te di Niccolò Ammaniti

Uno stile narrativo piacevole, una trama curiosa e una definizione dei personaggi chiaramente delineata.
Insomma, i presupposti c'erano tutti per una bella storia.
Però, man mano che si svelava il "problema" di uno dei protagonisti, ho sperato non fosse proprio il più scontato fra i temi giovanili. Speravo... speravo... e invece no: era proprio il più scontato: la droga. Così ho perso interesse a leggerlo, anche se poi l'ho finito velocemente.
Ma forse è giusto così, l'argomento della droga è sempre molto attuale e drammaticamente presente fra le giovani generazioni e quindi sono io, probabilmente, ad essere "inadeguato" a questa storia e non il contrario.

Ricetta di lettura: Leggere durante le sere autunnali, preferibilmente in un luogo aperto, con un buon bicchiere di vino rosso novello e tre cantuccini alle mandorle da intingere.

Sinossi: Barricato in cantina per trascorrere di nascosto da tutti la sua settimana bianca, Lorenzo, un quattordicenne introverso e un po' nevrotico, si prepara a vivere il suo sogno solipsistico di felicità: niente conflitti, niente fastidiosi compagni di scuola, niente commedie e finzioni. Il mondo con le sue regole incomprensibili fuori della porta e lui stravaccato su un divano, circondato di Coca-Cola, scatolette di tonno e romanzi horror. Sarà Olivia, che piomba all'improvviso nel bunker con la sua ruvida e cagionevole vitalità, a far varcare a Lorenzo la linea d'ombra, a fargli gettare la maschera di adolescente difficile e accettare il gioco caotico della vita là fuori. Con questo racconto di formazione Ammaniti aggiunge un nuovo, lancinante scorcio a quel paesaggio dell'adolescenza di cui è impareggiabile ritrattista. E ci dà con Olivia una figura femminile di fugace e struggente bellezza.

martedì 6 settembre 2011

Lo spazio e la memoria

Lo scorso fine settimana, io e mia moglie, abbiamo deciso di mettere in ordine il soppalco di casa.
Per chi ha una casa piccola, il soppalco rappresenta la soffitta delle vecchie case (o la cantina, dipende dai casi).
Un posto dove si accumulano tante cose e dove si nascondono o si dimenticano, più o meno consapevolmente, i ricordi e le emozioni legate a tanti oggetti.
Riordinare un soppalco, una soffitta, una cantina, è un'operazione delicata, che richiede un certo tempo. Un tempo difficile da pianificare, perchè lo scorrere fra le mani di vecchie foto, album, quaderni, telefoni, tazzine, tele, colori, stampe, quadri, penne stilografiche, cornici, cartoline, appunti, lettere o bollette telefoniche, ci costringe a fermarci, per ripercorrere mentalmente i ricordi e rispolverare la nostra memoria. Un'operazione che per ogni oggetto ci pone di fronte ad una scelta, a volte un dilemma. Disfarci del nostro passato o recuperare la memoria dell'esperienza? Liberarci di lacci e laccioli, che per troppo tempo ci hanno avvinghiato a schemi abitudinari, oppure riappropriarci di legami e vecchie passioni, troppo presto abbandonate, sopraffatte dalla quotidianità o dalla pigrizia creativa? Liberare spazio fisico o preservare uno spazio mentale?
Insomma, riordinare un soppalco è un'operazione che assomiglia più ad una metafora, che ad una attività vera e propria.

Tale dilemma per me, è diventato cruciale quando, ad esempio, mi sono imbattuto in alcuni vecchi cartelloni che realizzai sette anni or sono, nel 2004, per organizzare la festa di compleanno delle mie due figlie, oggi adolescenti.
Niente di particolarmente elaborato anzi... una caccia la tesoro... un cruciverba... alcuni giochi enigmistici a tema.
Inoltre, per l'occasione, scrissi quattro racconti che avevano come protagoniste le mie stesse figlie e realizzai dei cartelloni a supporto del "cantastorie" (la mia amica Giuliana), che recitò magistralmente le diverse storie, attorniata da decine di bambini, in mezzo ad un bel prato verde.
"Allora? - ho chiesto a mia moglie, alle mie figlie e a me stesso - Li butto o li conservo questi cartelloni?"
Momenti di panico e titubanze strazianti!
Alla fine ho preso una decisione; di compromesso, ovviamente e inevitabilmente.
I cartelloni sui racconti li ho conservati, mentre tutti gli altri li ho buttati via.
Che criterio ho usato? Non lo so: mi sono affidato alle mie emozioni.
Ma per tutti ho fatto delle foto e ho deciso di affidarli alla memoria di questo blog.

E voi... che ne pensate?






giovedì 1 settembre 2011

Il seno di Philip Roth

Mah....! Un racconto che incuriosisce molto, ma...
Lo stile narrativo è impeccabile, perchè Roth è un grande narratore.
Ma questo racconto, forse proprio perchè remake de "La metamorfosi" di Kafka, non convince e far venir voglia di rileggere l'incubo kafkiano.
Insomma, alla fine non mi ha appassionato...
Sinossi: Per ragioni incomprensibili, il professore David Alan Kepesh si ritrova trasformato in un enorme seno. Cieco ma provvisto di udito e soprattutto di sensibilità cutanea, riceve le visite del padre, che gli racconta le vicende del suo piccolo mondo ebraico, dell'affettuosa e banalissima fidanzata, del rettore, che fugge travolto da un riso incontenibile, e del suo psicanalista. Ma soprattutto viene lavato da miss Clark, l'infermiera che gli procura un piacere immenso. Da una situazione surreale, simile a un incubo kafkiano o a un quadro di Dalì, Philip Roth fa scaturire situazioni comiche (e oscene). Prima edizione Bompiani, 1973.