Continua il dibattito intorno alla pratica filosofica. Per capire fondamentalmente se davvero la pratica filosofica possa aiutare ad una riflessione esistenziale o meno. Ma se così fosse, perchè l'esigenza di specializzarla? Non dovrebbero filosofeggiare tutti, comunque, a prescindere? Non era, di fatto una pratica comune a tutti nell'antichità? C'è forse bisogno di "patologizzare" il disagio per giustificare un intervento specialistico?
Dalla quarta di copertina: "Questo libro si basa su tre argomenti tra loro strettamente connessi. Presenta un'idea di filosofia, un'idea della cura e un'idea dell'uomo. L'assunto di partenza è che la cura è parte costitutiva dell'uomo e che la filosofia è la forma della cura. In sostanza vede l'uomo come un essere bisognoso di cura e la filosofia stessa come cura. Se "cura" si può dire con molti significati, uno in particolare qui emerge con forza: quello della filosofia come terapeutica dell'esistenza. Il recupero attuale di una dimensione pratica della filosofia, e del suo ruolo terapeutico, passa attraverso il prendersi cura dell'esistenza in modo da affrontare i mali che le sono connaturati e da evitare o superare quelli che dipendono da noi. "Una medicina dell'anima diceva Cicerone - esiste di certo, ed è la filosofia"
Balistreri A.G., Prendersi cura di se stessi. Filosofia come terapeutica della condizione umana, Apogeo 2006
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