lunedì 21 marzo 2011

Destra... sinistra... rosso... nero...

In occasione della ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia, sono andato a rileggermi due libriccini pubblicati alcuni anni fa sulla destra e sulla sinistra. Perché un modo per commemorare è ricordare la nostra storia, per continuare ad imparare e riflettere.
Ho scelto di rileggerli insieme, in modo parallelo, poiché queste due opere, rappresentano una sorta di dibattito a distanza tra due studiosi, Bobbio e De Felice, di diversa estrazione culturale e ideologica.
Ho scelto questo argomento perché oggi, è quanto mai vero ed attuale chiedersi "...cos'è la destra, cos'è la sinistra..." così come cantava Gaber qualche anno fa.


Un grande studioso. Un vero intellettuale, alla vecchia maniera.
Il merito maggiore di questo trattato sta nel fatto che Bobbio non teme di domandarsi, smontare, analizzare i dogmi ideologici che hanno condizionato le passioni di molti nel dopoguerra. Se lo avesse fatto qualcun altro, magari di area politica diversa dalla sua, sarebbe stato attaccato ferocemente dai "pretoriani del mito resistenziale". Ma Bobbio era troppo autorevole, anche per loro. Traspare, ovviamente, la sua "presa di posizione", ma è blando il giudizio di valore, respinto a volte a fatica, ma sempre marginalizzato. Si legge come un racconto, anche se affronta grandi questioni anche a livello filosofico.

Sinossi: "Dunque, destra e sinistra esistono ancora? E se esistono ancora e tengono il campo, come si può sostenere che hanno perduto il loro significato? E se un significato ancora lo hanno, questo significato qual è?". Bobbio affronta la questione a partire dal suo più profondo nucleo teorico. Il rigore della trattazione dà conto, secondo il classico procedimento dell'autore, delle ragioni di entrambi i campi: "non mi domando chi ha ragione e chi ha torto, perché non credo sia di qualche utilità confondere il giudizio storico con le mie opinioni personali. Anche se non faccio mistero, alla fine, di quale sia la mia parte". Pubblicato per la prima volta nel 1994, il libro è diventato ormai un punto obbligato della discussione sulla politica contemporanea.
De Felice sostiene che lo storico è "revisionista" per definizione, espropriando in questo modo il termine stesso ad una connotazione di valore, ad una semplificazione giornalistica, utilizzata per definire coloro i quali hanno tentato, negli anni del dopoguerra, di negare o sminuire, la portata drammatica dell'olocausto nazista. L'affermazione è di per sé provocatoria e costringe De Felice a mettere quasi le "mani avanti" sulle sue affermazioni e tesi, che oggi ci appaiono moderate. Le posizioni e le tesi hanno il tratto forte dello storico ed evitano, a differenza del trattato di Bobbio, implicazioni di valore metastorico o filosofico. Il linguaggio è scorrevole, grazie anche alla forma adottata, quella dell'intervista e di un dialogo che evolve.
Traspare però, nelle intenzioni dell'autore, il tentativo di una "pacificazione forzata". Il desiderio cioè di ritrovare presto, un'identità nazionale unitaria del "popolo italiano". Ma è forse proprio questo il suo punto debole: una forzatura contro il tempo e la storia.
Una storia che ha incontrato sulla sua strada, una cesura sul cammino Risorgimentale; prima con la Grande Guerra e poi col fascismo, la seconda guerra mondiale, l'occupazione nazista, la guerra di liberazione e il drammatico epilogo di una sanguinosa guerra civile.

In fondo, soltanto durante questo 150° anniversario, abbiamo visto esposte tante bandiere italiane alle finestre delle case, per una ricorrenza "non sportiva". Forse abbiamo iniziato a "condividere", come italiani, almeno il tricolore e l'inno nazionale (due simboli, fino a qualche anno fa, appannaggio esclusivo del calcio e della destra...). Non è poco, ma è solo l'inizio.

Sinossi: "Renzo De Felice ha consentito che Pasquale Chessa entrasse nel suo laboratorio storiografico. Ne è scaturito un libro con due anime: dell'intervista giornalistica ha il pregio della sintesi e le tensioni dell'attualità, del saggio storico ha la profondità dei temi e la forza dei documenti, spesso inediti"

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